Il film: “Fly Me to the Moon”, l’ambiguo rapporto tra immagini e realtà
"Fly Me to the Moon – Le due facce della luna" affronta con intelligenza e ironia le vicende relative al presunto finto allunaggio del 1969 e ai suoi innumerevoli risvolti
Siamo negli Stati Uniti, alla fine degli anni Sessanta. L’opinione pubblica, scossa dalla guerra nel Vietnam, sembra non interessata alla corsa per la conquista dello spazio. Kelly Jones è una pubblicitaria che si è fatta le ossa con piccoli furti a domicilio ed è decisa a farsi largo in un mondo ancora precluso alle donne. Almeno così si è portati a credere, fino a quando le sue doti di “venditrice” le permettono di ottenere il risultato voluto. Contattata da un agente governativo per rilanciare l’immagine della NASA, Kelly si ritrova in Florida alle prese con scienziati, ingegneri e astronauti per niente interessati al portare avanti una strategia di marketing di rilancio dell’attività aerospaziale. Un manipolo di uomini capitanati dall’ex pilota Cole Davis, poco incline agli stratagemmi della comunicazione e della diplomazia.
Fly Me to the Moon del regista Greg Berlanti, subentrato in corsa nel progetto dopo un iniziale coinvolgimento di Jason Bateman, attinge a piene mani dai grandi eventi della storia (soprattutto le imprese spaziali) per dirigere la sua narrazione in due distinte direzioni. La commedia sentimentale, con le inevitabili scaramucce tra un uomo e una donna che rappresentano un dichiarato omaggio alle pellicole degli anni Sessanta (con tanto di gag del gatto nero che attraversa il finto set), e il film di denuncia con l’eterno scontro tra quanto di artefatto viene mostrato al pubblico e la realtà di una vicenda occultata ai loro occhi. Perché, e qui sta il cuore dell’incarico attribuito a Kelly, la NASA, non potendosi permettere altri fallimenti in mondovisione, appronterà per l’occasione, contemporaneamente al vero sbarco sulla luna, una finta missione realizzata in uno studio di registrazione.
Fly Me to the Moon sbircia dal buco della serratura sul primo grande complotto per immagini del secolo scorso, quello dello sbarco sulla Luna, un evento sul quale, ancora oggi, in tanti si chiedono se avvenne per davvero o fu girato sulla Terra, magari dallo stesso grande Stanley Kubrick. Fly Me to the Moon, anziché respingere questa teoria paradossale, la cavalca in pieno, con ironia e spirito metacinematografico, mostrando con arguzia le due facce della vicenda. E se lasciamo allo spettatore il diritto di scoprire da solo come, senza esclusione di colpi e di siparietti esilaranti, la vicenda andrà a finire, rimane il fatto che Fly Me to the Moon rappresenta un brillante esempio di una cinematografia che prende in giro le eterne contraddizioni del popolo a stelle e strisce che sa spesso dimostrarsi, allo stesso tempo, paladino sia dell’etica che del profitto a qualsiasi costo.
La pellicola di Berlanti è un colpo basso alla nostra illusione di verità, poiché quanto questo film ci racconta ci costringere a credere che, almeno una volta nella vita, siamo sicuramente stati vittime di filmati spacciati per “certificati” ed in realtà frutto di rielaborazioni autorizzate “dall’alto”. Fly Me to the Moon rappresenta, quindi, l’urgenza della riflessione sul rapporto tra realtà e immagini, sulla loro forza manipolatoria, sulle contorte ragioni che governano il potere politico ed economico. Sulla propaganda che ha sostituito l’informazione e che contribuisce a far proliferare le fake news. Scarlett Johansson (anche produttore) è divertente nel ruolo di Kelly, così come lo è Channing Tatum nei panni del rude astronauta dal cuore gentile anche se il suo fisico statuario ci ricorda più Ken di Barbie che un serioso tecnico della NASA.
FLY ME TO THE MOON – LE DUE FACCE DELLA LUNA di Greg Berlanti. Con Scarlett Johansson, Channing Tatum, Jim Rush, Ray Romano, Woody Harrelson, Anna Garcia
Produzione: Apple Studios, Berlanti-Schechter Films, These Pictures; Distribuzione: Eagle Pictures; USA, 2024
Commedia, Drammatico, Sentimentale; Colore
Durata 2h 12min