Il film: “Emily”, la felicità di essere amati
Nella cupa società ottocentesca della campagna inglese, una donna che desidera emanciparsi è destinata a diventare la strana del villaggio. Cresciuta all’ombra di un padre-padrone, è predestinata a subire una vita domestica dove le giornate dovranno ripetersi tutte uguali tra biancheria stesa al vento e pentoloni da mettere sul fuoco. Fino a quando, un matrimonio sicuramente combinato la renderà moglie e madre costringendola a dedicarsi esclusivamente ad accudire i propri figli. Emily la strana però non ci sta. Dentro di lei arde un fuoco incessante che si chiama libertà e che divampa attraverso i suoi scritti segreti. Emily è la protagonista dell’omonimo film della regista australiana Frances O’Connor che narra le vicende della scrittrice Emily Brontë, vissuta nella prima metà del XIX secolo e celebre per aver dato alle stampe Cime tempestose. La ragazza vivrà un’esistenza brevissima, sofferta e solitaria, prima di essere vinta, nel pieno rispetto della tradizione romantica, da un attacco di tubercolosi. Quinta di sei figli, ebbe come sorella Charlotte, che diventerà altrettanto famosa per il suo romanzo Jane Eyre, mentre il fratello Branwell diventerà il suo compagno prediletto. Sarà proprio quest’ultimo, accomunato ad Emily nel ritornare nella magione di famiglia dopo aver fallito il percorso di studi, l’unico uomo che, nella società maschilista e bigotta dell’epoca, comprenderà la profondità d’animo della sorella. Purtroppo, ben presto il ragazzo sceglierà come unici compagni di viaggio l’alcol e la droga e, proprio per questo, verrà escluso dagli stantii salotti del borgo. Tra questi quello dei Lintons che, nottetempo, insieme ad Emily spiava dalla finestra salvo poi essere scoperto con tanto di umiliante pubblica punizione. La principale forza di Emily risiede nel portare sullo schermo la storia di una ragazza che non si erge stoicamente a paladina dei diritti delle donne ma che vuole semplicemente circondarsi di esseri umani capaci di affiancarla nella ricerca della sola felicità possibile, quella di “amare ed essere amati”. Nella pellicola di Frances O’Connor (che in più di un’occasione ci rimanda con la memoria a Jane Campion) i panni della scrittrice ribelle sono indossati da Emma Mackey (Assassinio sul Nilo di Kenneth Branagh, prossimamente Barbie di Greta Gerwig) che affida il punto di forza della sua interpretazione all’intensità dello sguardo che la regista ci mostra spesso in primo piano. I suoi occhi enormi sono una finestra sull’anima della protagonista, un territorio popolato da leggerezza e paura, da desiderio e mistero. Come accade nella sequenza della seduta spiritica dove, indossando una maschera che lascia intravedere soltanto le pupille, Emily spaventerà tutti dando voce alla propria madre defunta. Sarà l’occasione per prendersi una rivincita sui presenti, a partire dal parroco Weightman che soltanto in chiesa, dal pulpito, osservando dall’alto in basso i parrocchiani, saprà ristabilire le gerarchie convenzionali. Nella sua prima esperienza dietro la macchina da presa, Frances O’Connor si dimostra particolarmente attenta ai dettagli. A partire dalla colonna sonora, impetuosa e onnipresente, capace di accompagnare con vigore ogni inquadratura. Come altrettanto efficace è la fotografia che ci restituisce i chiaroscuri della notte illuminata da fioche candele e la più profonda essenza delle selvagge lande dello Yorkshire. Una terra bagnata incessantemente dalla pioggia, spazio irreale dove soffia forte il vento della libertà.
EMILY [Emily] di Frances O’Connor. Con Emma Mackey, Alexandra Dowling, Fionn Whitehead, Oliver Jackson-Cohen, Amelia Gething, Adrian Dunbar
Produzione: Tempo Productions Limited, Ingenious Media, Popara Films; Distribuzione: BIM; USA, Gran Bretagna, 2022
Biografico, Drammatico; Colore
Durata: 2h 10min