Il film: “Donbass”, cronache di una guerra annunciata

Uno è certamente Servant of the People, la serie con protagonista Volodymyr Zelens’kyj del 2015, approdata quest’anno su La7. Un altro è l’ansiogeno Reflection di Valentyn Vasjanovič del 2021, distribuito al cinema quest’anno. Il più interessante, però, è probabilmente Donbass di Sergei Loznitsa, una commedia nera particolarissima, acclamata dalla critica nel 2018 ma arrivata solo in questi giorni su IWONDERFULL e a breve su Prime Video.

Loznitsa, una trentina di documentari all’attivo, realizza il suo terzo film (semi)fiction ambientandolo nel “territorio occupato dell’Ucraina orientale”, ribattezzato dai separatisti “Novorussia”, presentando frammenti, sprazzi, assaggi di ordinaria follia, rimessi in scena a partire da fatti di cronaca. C’è un matrimonio combinato per poter inaugurare i registri civici del neonato stato separatista, c’è una donna che tenta disperatamente di fare uscire l’anziana madre da un bunker nel quale si è rifugiata perché convinta dalla tv russa di bombardamenti in corso, c’è un cuoco ucraino linciato dalla folla perché additato come membro degli “squadroni della morte”, c’è un giornalista tedesco che tenta di capirci qualcosa con scarso successo, c’è soprattutto un gruppetto di attori dilettanti assoldato per interpretare gli intervistati in un servizio su un attentato, ovviamente inventato ad arte. In tutto sono tredici micro-episodi che proiettano lo spettatore in un mondo in cui verità e menzogna sono concetti che hanno perso del tutto di significato.

Ogni guerra, e quelle dell’era dei social in modo particolare, è anche una guerra di immagini, che si combatte a colpi di video, interviste, fotografie shock, riprese satellitari, ricostruzioni in studio: l’intera operazione è tesa a vincere l’opinione pubblica alla propria causa o a schierarla contro quella dell’avversario. Da documentarista, Loznitsa sa benissimo che non c’è niente di neutrale in un video o in una immagine, e gira un vero e proprio “dietro le quinte” del conflitto nel Donbass dai toni volutamente surreali, quasi come se la realtà fosse passata attraverso uno specchio deformante al di là del quale tutto è valido perché niente lo è, tutto è vero perché in realtà tutti stanno recitando.

La raccolta e manipolazione delle immagini è allora una pura impresa di montaggio, un più o meno abile storytelling che non si differenzia in niente da quello che compie al cinema un bravo regista, e anzi il cinema diventa più vero del vero, perché almeno al buio di una sala si sa con certezza cosa è vero e cosa no, cosa è lavoro di finzione e cosa appartiene alla realtà concreta.

Loznitsa sovrappone i due mondi con maestria, in un lavoro indubbiamente non imparziale che solleva comunque una quantità notevole di dubbi e una buona dose di indignazione, contrapponendo il realismo estremo della fotografia e delle riprese alla assoluta follia di quanto rappresentato, un contesto che sembrerebbe del tutto incredibile se non fosse stato in buona parte confermato dai tragici eventi degli ultimi due mesi.

Donbass è, in fondo, un manifesto del potere della narrazione, di quella di un cinema che sa colpire duro col sorriso sulle labbra, mettendo in scena un’angosciante commedia nera che avvince fin dalla prima sequenza, e quella di una informazione che modifica il reale col proprio racconto, a volte polarizzando l’opinione pubblica su eventi mai avvenuti e personaggi mai esistiti. In un contesto del genere, la domanda evangelica sorge spontanea: “Quid est veritas?” L’unica risposta sensata, però, sembrerebbe essere un altrettanto evangelico silenzio.

 

DONBASS di Sergei Loznitsa. Con Thorsten Mersten, Svetlana Kolesova, Irina Plesnyayeva, Sergei Kolesov. Germania, Ucraina, Francia, Paesi Bassi, Romania 2018. Guerra.