Il film: “Disco boy”, in fuga verso il dolore e la disperazione

 “È disposto a correre rischi?”. Risposta: “Chi ha paura resta a casa”. Aleksei è partito dalla Bielorussia e, mimetizzato da tifoso di una squadra di calcio, ha attraversato la Polonia. Stremato è giunto a Parigi, dove lo attende la Legione Straniera, un addestramento feroce, e la prospettiva di partire per combattere in qualche paese africano. Il premio finale della sua fedeltà alla bandiera sarà il conquistarsi (“non per sangue ricevuto ma per sangue versato”) la cittadinanza francese. In parallelo alla sua vicenda scorrono quelle di Jomo e della sorella Udoka, abitanti del delta del Niger, un angolo della terra attraversato da lotte fratricide. Le tre storie ben presto si intrecceranno, prima nella foresta africana poi nella capitale francese.

Questo è Disco Boy di Giacomo Abbruzzese, regista esordiente premiato con l’Orso d’argento al recente festival di Berlino. Girato prevalentemente in francese e proposto in sala in lingua originale, il film attinge a piene mani dalla cinematografia sull’immigrazione clandestina e la guerra. Uno scenario che prevede battaglie e inseguimenti nelle boscaglie più impervie, prima che la storia si sciolga nei ritmi tribali dei locali notturni parigini. In Disco Boy c’è il sergente addestratore senza scrupoli che ci rimanda direttamente a Full Metal Jacket, ma anche il viaggio nelle viscere del conflitto come in Apocalypse Now e nel romanzo di Conrad. Il film di Abbruzzese ci riporta alla mente anche Europa di Haider Rashid, con le riprese laterali delle corse nel bosco dei disperati che senza passaporto, senza niente da perdere, attraversano le fatiscenti frontiere dell’est Europa.

Il film racconta storie già viste, ma si ritaglia un suo stile personale ed avvincente, come quando mostra la scena psichedelica della battaglia notturna nella giungla, con i corpi che, attraverso gli infrarossi, si illuminano delle loro estremità più calde, inquadrati da una telecamera termica che li fa sembrare i protagonisti di un caleidoscopico videogame. La pellicola scava anche in profondità su tematiche importanti come il post-colonialismo, l’imperialismo economico, e lo fa con uno stile talvolta misterioso, altre volte astratto, altre ancora pervaso da un espressionismo volutamente sfuocato e difficilmente intelligibile. L’originalità assoluta della pellicola risiede però nella virata alle porte del musical, dove un tema post-moderno e sensuale diventa il filo conduttore che accompagna il protagonista tra il Niger e Parigi.

Fondamentale per la riuscita del film è la colonna sonora firmata da Vitalic, figura di spicco della musica contemporanea, autore di composizioni ricche di influenze disco, new-wave, punk-rock e rave. I brani ascoltati ti avvolgono, inquietanti e inesorabili, ponendo Aleksei davanti al pericolo più grande che un avventuriero come lui possa correre, la misteriosa figura femminile che apre e chiude l’intera narrazione. Franz Rogowski, dopo il grottesco nazista di Freaks Out, veste i panni del protagonista, restituendoci la fisicità di un uomo che dovrà fare amaramente i conti con la civiltà occidentale che ha tradito quel miraggio di libertà tanto agognata. Il suo sguardo vitreo, la sua fissità fisica lo rendendo perfetto per incarnare un uomo insensibile a qualsiasi avversità gli si ponga davanti. “È disposto a correre rischi?” gli aveva chiesto il soldato nel colloquio di arruolamento. La riposta del ragazzo era stata decisa, sicura. D’altra parte, chi è disperato non ha più motivo di aver paura.

 

DISCO BOY [Disco Boy] di Giacomo Abbruzzese. Con Franz Rogowski, Morr Ndiaye, Laetitia Ky, Leon Lucev, Matteo Olivetti, Robert Wieckiewicz.

Produzione: Dugong Films, Donten & Lacroix Films, Panache Productions; Distribuzione: Lucky Red; Francia, Belgio, Polonia, Italia, 2023

Drammatico; Colore

Durata: 1h 31min