Il film: “Armageddon time”, i ruggenti anni Ottanta, dove tutto ebbe inizio
È la vigila dell’avvento alla presidenza degli Stati Uniti di Ronald Reagan, l’uomo che “ci salverà dall’Apocalisse”, e la famiglia di Paul, che non ha la minima intenzione di votarlo, in quanto ebrea e discendente da antenati ucraini conosce molto bene il significato di termini come persecuzione e immigrazione. Paul ama l’arte, in particolar modo adora disegnare, a tal punto che, durante una gita scolastica al Guggenheim Museum, perde ogni cognizione spazio-temporale rimanendo a bocca aperta davanti ad un dipinto di Kandinskij. Purtroppo, in classe il ragazzino non si applica a dovere e questo gli crea non pochi problemi con gli insegnanti. Ad aggravare il suo precario rapporto con gli adulti, contribuisce la sconveniente amicizia con un compagno di classe di colore, un ragazzo cresciuto troppo in fretta e già cosciente che la sua pelle gli impedirà qualsiasi riscatto sociale. L’insofferenza di Paul verso le regole porta i suoi genitori ad iscriverlo ad una scuola privata (quella frequentata dal fratello maggiore), un’istituzione prestigiosa che si regge sui cospicui finanziamenti del signor Trump (padre del futuro presidente degli Stati Uniti).
Così, attraverso gli occhi di un bambino che voleva soltanto vivere quel sogno americano che tutti andavano reclamizzando, Armageddon time di James Gray ci restituisce il quadro impietoso di un’epoca orgogliosa di essersi lasciata alle spalle una devastante prima metà del secolo, ma inconsapevole di avere in nuce i semi da cui sarebbero germogliati gli imminenti misfatti: l’odio razziale, le incolmabili differenze di classe, il desiderio sfrenato di ricchezza e di potere. Il regista tratteggia quel periodo storico come il tragico antefatto dei nostri giorni, con gli uomini accecati da un’incondizionata fiducia nel progresso tecnologico, simboleggiato da razzi spaziali e dai primi computer nelle scuole.
Per questo, Armageddon time è un autobiografico controcanto distopico del recente sogno a occhi aperti di Spielberg. Una pellicola parimenti affascinante, affidata ad un cast ben affiatato, dove spiccano le interpretazioni di Banks Repeta nei panni di Paul e di un inossidabile Anthony Hopkins, il nonno saggio e affettuoso, l’unico capace di scuotere il nipote dal torpore imperante. Alla riuscita del film contribuisce anche la fotografia di Darius Khondji, con gli interni di casa Graff segnati dalla scarsa illuminazione, con la luce esterna caratterizzata da un bianco sporco, con le inquadrature dei personaggi che riportano indietro nel tempo. Ed essendo James Gray un regista raffinato, non mancano citazioni colte come quando, nella scena del furto del computer, rende omaggio a I quattrocento colpi di François Truffaut o mentre, volendo arricchire di suggestioni sonore questo struggente romanzo di formazione, attinge a piene mani dal repertorio classico, spaziando da Mozart a Bach, da Beethoven a Tchaikovsky. Pur rimanendo solidali con la figura di un adolescente che lotta disperatamente per cambiare le sorti del mondo, al termine della storia nessuno dei protagonisti potrà dichiararsi completamente in pace con la propria coscienza. E mentre tempi difficili sono alle porte, a poco servirà armarsi di raffinate strategie per capire come affrontarli. Anche perché, al di là di calcoli di mero opportunismo, la differenza tra essere rinchiuso in riformatorio e la libertà potrebbe dipendere semplicemente da uno scaldabagno.
ARMAGEDDON TIME – IL TEMPO DELL’APOCALISSE [Armageddon Time]
di James Gray.
Con Banks Repeta, Jaylin Webb, Anne Hathaway, Anthony Hopkins, Jeremy Strong
Produzione: MadRiver Features, Keep Your Head Productions; Distribuzione: Universal Pictures; Stati Uniti, Brasile, 2022
Drammatico, Storico; Colore
Durata: 1h 55min