Il film: affidarsi alla nostalgia per consegnarsi ai propri fantasmi
Scopriremo ben presto che ci siamo lasciati trarre in inganno poiché Felice Lasco, così si chiama, è un napoletano autentico che ha vissuto fino a 15 anni nel Rione Sanità prima che un tragico evento lo costringesse ad abbandonare la propria terra. Questa commistione agrodolce tra familiarità dei luoghi materni e opprimente senso di spaesamento sta alla base di Nostalgia di Mario Martone, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Ermanno Rea.
Una pellicola che segna l’ennesima tappa del regista all’interno di un itinerario destinato a mostrarci la sua terra da varie angolazioni. In Nostalgia Martone abbandona le atmosfere oniriche di Capri-Revolution così come la monumentale teatralità di Qui rido io e si rituffa nella Napoli dei suoi esordi, soprattutto quello folgorante de L’amore molesto il film del 1995 citato più volte anche in quest’ultimo racconto per immagini che si srotola in suoni e atmosfere filmati in una presa diretta coinvolgente, calda e inquietante. Napoli è una città che si fa set cinematografico dove le etnie, le religioni si incrociano con i muri scrostati e i citofoni rotti, un luogo della memoria apparentemente accogliente, ma anche capace di non saper (voler) riconosce più come sangue del proprio sangue un figlio che se n’è andato quasi 40 anni prima. Napoli è anche colore e calore e Martone è abile nell’approfittare della potenza comunicativa della musica che, attraversata da ritmi arabi, suscita istinti primordiali inneggianti alla libertà dello spirito e del corpo. Mentre attraversa i vicoli, Felice Lasco riassapora poco a poco quel tempo nostalgico della propria adolescenza (dipinto da Martone attraverso dei flash-back seppiati e nel formato 4:3 che rimandano ai filmini amatoriali) e se il suo viaggio nel cuore di tenebra della sua esistenza gli regala momenti dolcissimi in compagnia dell’anziana madre (commovente la scena dove il figlio lava, pettina e veste la donna), i due poli del suo irreversibile straniamento sono rappresentati dalle figure di don Luigi Rega e di Oreste Spasiano.
Il primo, prete di frontiera attento agli ultimi, che tenta disperatamente di aiutare Felice a re-inserirsi nel tessuto del quartiere; il secondo, l’amico-nemico (capace in gioventù di difenderlo a prezzo del sangue dalle aggressioni delle bande rivali ma anche responsabile diretto della sua latitanza) divenuto ´o Malommo il boss del quartiere, una figura luciferina che emerge dalle catacombe pronto a giocare con le vite degli altri. Nostalgia non è soltanto la storia del percorso compiuto da Felice ma racchiude in sé anche una serie di itinerari visivi che si fanno metafora del linguaggio cinematografico. Perché mentre si addentrano nell’anima della città, i nostri occhi si sovrappongono a quelli del protagonista, coinvolti nella vibrazione di ricordi di un tempo che fu vivo e presente, ricco di un ambiguo salto nel passato pervaso da sensazioni inebrianti ma anche da sgradevoli fantasmi. Pierfrancesco Favino è Felice e ci regala un’interpretazione convincente, che ci restituisce i connotati ibridi di una figura di origini napoletane innestata nella cultura araba. Un uomo che, se Pasolini ammonisce “La coscienza sta nella nostalgia. E chi non si è perso non ne possiede”, quando proverà a perdersi, rimarrà intrappolato nel proprio destino crudele e sanguinario.
NOSTALGIA di Mario Martone. Con Pierfrancesco Favino, Francesco Di Leva, Tommaso Ragno, Aurora Quattrocchi, Nello Mascia.
Produzione: Picomedia, Mad Entertainment, Rosebud Entertainment Pictures; Distribuzione: Medusa Film; Italia, Francia, 2022
Drammatico; Colore
Durata: 1h 57min