IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON

DI FRANCESCO MININNI

Il racconto di Francis Scott Fitzgerald da cui è tratto «Il curioso caso di Benjamin Button» è lungo venti pagine e narra senza fronzoli di un uomo che nasce vecchio e ringiovanisce fino a morire neonato. Il film che vi si è ispirato, sceneggiato da Eric Roth e diretto da David Fincher, dura due ore e quaranta, ha ottenuto tredici nomination all’Oscar e, francamente, sembra più interessato al kolossal sentimentale che alla durezza dell’assunto originale. Niente di male. Peccato soltanto per una serie di forti implicazioni esistenziali che si trasformano in una storia d’amore in giro per il mondo. Ecco, «Il curioso caso di Benjamin Button» è il tipico film che deve il suo successo quasi interamente al pubblico femminile, ben disposto a sognare, a sorridere e a commuoversi quando gli ingredienti sono dosati con accortezza e astuzia. Così David Fincher continua a far rimpiangere la durezza di «Seven», mai più ritrovata in drammi o thriller talvolta meritevoli di altri approfondimenti.

Benjamin, abbandonato dal padre il giorno stesso della nascita (che ha causato la morte della madre), è praticamente adottato da Queenie, che lo ama come un figlio e non si preoccupa della sua stranezza: pur essendo un neonato, ha le fattezze di un anziano ottantenne. E non si preoccupa neanche del fatto che, col passare del tempo, Benjamin prenda a ringiovanire. Così lui, benché innamorato di Daisy, decide di andare in giro per il mondo e si imbarca con l’amico capitano. Ritroverà Daisy a Parigi, stella del balletto ma non ancora pronta ad amarlo. Quando ciò avverrà, non potrà comunque essere per sempre.

Non c’è dubbio che Rick Baker e i tecnici degli effetti speciali abbiano fatto un gran lavoro su Brad Pitt, digitalizzandolo e trasformandolo in una sorta di Gollum de «Il Signore degli anelli». E l’attore, da parte sua, li ha ripagati con un’interpretazione matura e consapevole, dimostrandosi capace di attraversare con credibilità le diverse età affrontate. Di fronte a lui Cate Blanchett che, non avendo problemi di trucco se non ordinario, alla fine ha avuto il compito più difficile e ne è uscita vincitrice. È proprio l’interpretazione dei due protagonisti il fiore all’occhiello di un film che ambisce a far capire le problematiche dell’invecchiamento e quelle del grande amore, ma riesce soltanto a navigare in acque troppo conosciute finendo per assomigliare più a una soffitta piena di preziosi oggetti d’antiquariato. Se pensiamo che tutto, anche il racconto di Fitzgerald, nasce da una celebre affermazione di Mark Twain secondo il quale «La vita sarebbe assai più felice se nascessimo all’età di ottant’anni ed evolvessimo gradualmente fino ai diciotto», non si può non rimpiangere il fatto che un testo basato sul sovvertimento delle leggi naturali sia stato trasformato da mani esperte in un blockbuster quasi esclusivamente sentimentale. In fin dei conti Eric Roth è, non proprio casualmente, lo sceneggiatore di «Forrest Gump»: il suo Benjamin Button assomiglia più a uno scherzo di natura tenero e al primo posto nelle liste di adozione che a un’anomalia in grado di farci guardare allo specchio senza reticenze. D’altronde, siccome l’intento di chi mette mano a un film da 150 milioni di dollari non può essere quello di indagare a fondo sulla vita e sulla morte, ma più semplicemente quello di azzeccare un grande successo a livello mondiale, non possiamo esimerci dal dire che, a suo modo, l’operazione è compiuta.

IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON (The Curious Case of Benjamin Button)di David Fincher.Con Brad Pitt, Cate Blanchett, Tilda Swinton, Julia Ormond, Elias Koteas.USA 2008; Drammatico; Colore