Il corriere

Cosa fa Clint Eastwood alla bella età di 88 anni? Verrebbe da rispondere che si gode la pensione nel suo ranch Malpaso. E invece fa il coltivatore di fiori in Illinois e, una volta fallita l’attività, trasporta droga sul suo pick-up per conto del cartello. Francamente bisognava aspettare che Eastwood arrivasse a quest’età per vederlo saltare la linea di confine e interpretare un personaggio che l’ispettore Callaghan avrebbe braccato senza pietà.

Ma le cose, naturalmente, sono più complesse di così. Clint Eastwood aveva detto, all’epoca di Gran Torino, che avrebbe continuato a fare l’attore fin quando, vedendosi sul grande schermo, non si fosse dato fastidio. Essendo appassionato del suo mestiere, ha capito che per non darsi fastidio era indispensabile interpretare il ruolo di un vecchio e così ha fatto. Anche se, a dire la verità, le sue riflessioni sull’età che avanza erano cominciate prima di Gran Torino, quando in Debito di sangue aveva interpretato McCaleb, un poliziotto con problemi di cuore costretto a sottoporsi a un trapianto (e gli era toccato il cuore di una donna, tanto per dire).

Adesso Il corriere, che è ispirato alla storia vera di Leo Sharp, approfondisce l’argomento e, senza rinnegare l’ideologia repubblicana dell’autore, lavora sulle sfumature ottenendo un risultato eccellente. Tanto per essere più chiari, se per caso la carriera del vecchio Clint fosse finita con Ore 15:17 – Attacco al treno non avrebbe avuto un suggello adeguato. Se invece Il corriere dovesse per caso essere il suo ultimo film (va da sé che speriamo che non lo sia), sarebbe la degna conclusione di un percorso di maturità e consapevolezza.

Earl Stone è sempre stato un floricoltore e, nella sua cocciutaggine, ha sempre coltivato lo stesso fiore, un esemplare bello e delicato che sboccia e muore nello stesso giorno. Per inseguire questa sua ossessione ha trascurato tutto il resto: moglie, figlia e nipote sono sempre venute al secondo posto fino al momento in cui la famiglia lo ha scaricato. E Earl, nel momento in cui ha smesso di guadagnarsi da vivere con i fiori, si è ritrovato completamente solo. Quasi solo. Essendo un automobilista provetto capace di attraversare 41 stati senza mai prendere neanche una contravvenzione, è contattato da un cartello di messicani disposto a pagarlo per fare il corriere della droga. Lui, che inizialmente non sospetta il contenuto delle borse, accetta. E anche quando se ne rende conto, continua. In fin dei conti i messicani sembrano gli unici a dare valore ai suoi novant’anni.

Non nascondiamoci la verità: Earl Stone non è altro che l’ennesimo soggetto testardo raffigurato da Eastwood in una lunga galleria di individualisti che comprende Coogan, Callaghan, Josey Wales, Frankie Dunn e Walt Kowalski. Questa volta, però, pur avendo lasciato molti affetti alle proprie spalle, conserva un piccolo spazio per i ripensamenti in modo da trasformare un mesto tramonto in qualcosa di simile a una voglia di tenerezza.

In effetti si esita a condannare Stone per il traffico di droga mentre si hanno molte meno riserve sui suoi errori nella vita privata (cioè familiare). Nel momento in cui il discorso con la famiglia si riapre, sembra quasi che l’altra sua attività (per la quale si dichiarerà colpevole e quindi sarà condannato) diventi una sorta di contingenza, come se gli spacciatori veri avessero approfittato della sua ingenuità.

Eastwood non è diventato più espressivo invecchiando. Ma il suo Earl Stone ha le espressioni giuste per la testardaggine, il poco sentimento e una sorta di redenzione. D’altronde, Eastwood regista continua ad essere semplice, essenziale e capace di orchestrare sia le poche scene d’azione che quelle più introspettive. E l’ultima immagine di Stone che coltiva fiori nel giardino del carcere è quasi indimenticabile. Ce n’è abbastanza per una conferma a pieni voti.

IL CORRIERE (The Mule) di Clint Eastwood. Con Clint Eastwood, Bradley Cooper, Laurence Fishburne, Dianne Wiest, Michael Peña, Andy Garcia. USA 2018; Drammatico; Colore.