Il colpevole
Nel 1948, a causa di un contatto telefonico, Barbara Stanwyck immobilizzata a letto ascoltava una telefonata nella quale si progettava l’omicidio di una donna sola in casa. Il terrore corre sul filo di Anatole Litvak, nel quale si scopriva che era proprio la Stanwyck la donna da uccidere, ebbe successo proprio perché scommetteva sulla suspense senza mai uscire dalla stanza della signora che rimaneva costantemente attaccata al telefono.
Nel 2013 Locke di Steven Knight proponeva un uomo in viaggio verso Londra per risolvere un problema di coscienza ma costantemente collegato alla moglie e ai colleghi di lavoro con una lunga serie di telefonate. Oggi Il colpevole del danese Gustav Möller in un certo senso incrocia i due procedimenti ottenendo un risultato veramente notevole. In una vicenda cui lo spettatore accede soltanto tramite il volto del poliziotto centralinista e le voci all’altro capo del filo, si capisce presto che non è tanto il terrore quanto la coscienza a correre sul filo. E un titolo italiano sbagliato, più che fuorviante, aiuta a fraintendere alcuni passaggi che, se fosse stato mantenuto l’originale I colpevoli, sarebbero stati più chiari da subito.
Il poliziotto Asger Holm, alla vigilia di un’inchiesta a suo carico per un evento che non sappiamo, è costretto a presidiare il centralino delle emergenze insieme ai colleghi anziani. Ed è lui a ricevere la telefonata di Iben, una donna spaventata che gli fa sapere di essere stata rapita dall’ex-marito Michael lasciando soli in casa i figli Mathilde e Oliver. Andando anche oltre le proprie attuali competenze, Asger è deciso ad aiutare e conduce come può un’indagine telefonica coinvolgendo un collega e le centrali operative. Soprattutto è la mancanza di tempo ad angosciarlo. Iben è in pericolo, i bambini sono soli e Michael, a quanto pare, è pericoloso. In più, la preoccupazione per la propria situazione professionale non lo aiuta a mantenere la necessaria lucidità.
Non possiamo andare oltre nel racconto, che sul versante thriller prevede una sorpresa non del tutto imprevedibile ma che sarebbe comunque fuori luogo svelare. Sul versante umano, quindi morale, però, Il colpevole ha molto da dire dal momento in cui si capisce che non è il thriller il principale interesse dell’autore. Il film, infatti, senza mai allentare la tensione sul destino dei protagonisti, procede a una serie di rivelazioni successive che evidenziano un sottotesto psicologico, morale ed esistenziale tutt’altro che banale. Al punto da distanziarlo sia da Litvak (solo thriller) sia da Knight (solo etica).
E su questo terreno non lineare e piano, Möller si muove con grande competenza tecnica riuscendo a sfruttare l’espressività del protagonista, Jakob Cedergren, e le sole voci di tutti gli altri. In questo modo Il colpevole ha da offrire una struttura particolare, nel senso che la macchina da presa non si allontana mai dalla stanza del centralino e tutta l’azione è presentata esclusivamente dalle voci e dai rumori che arrivano dal telefono. Così abbiamo la possibilità di seguire uno spettacolo appassionante e lontanissimo da ogni cliché di rappresentazione.
E non dobbiamo pensare che il film in una stanza possa in qualche modo risultare monotono: non sarà un caso se Il colpevole ha ottenuto il premio del pubblico sia al festival di Rotterdam sia al Sundance Film Festival. Inoltre il lavoro di Möller dimostra, se ce ne fosse stato ancora bisogno, che il buon cinema non ha bisogno né di spazi aperti, né di grandi movimenti di macchina, né di star internazionali.
Un’attenzione alla composizione, una buona scansione del ritmo, un testo intelligente e profondo, un attore capace di reggere 85 minuti con la forza dello sguardo, a quanto pare, sono più che sufficienti. E il bello è che, se anche qualcuno dovesse capire la soluzione prima del tempo, non rimarrebbe certamente deluso. L’animo umano riserva molte più sorprese di un giallo qualunque.
IL COLPEVOLE (Den Skyldige) di Gustav Moller. Con Jakob Cedergren, Jessica Dinnage, Omar Shargawi, Johan Olsen. DANIMARCA 2018; Thriller; Colore.