Il cliente
Nel 1955 Alfred Hitchcock diresse uno dei suoi telefilm della serie «Alfred Hitchcock presenta» dal titolo «Revenge». Si trattava di una donna aggredita da uno sconosciuto e fortemente traumatizzata che il marito cercava di tranquillizzare non lasciandola mai sola. Un giorno, per strada, indicando un uomo la donna dice «È quello l’uomo». Il marito affronta lo sconosciuto e lo ammazza di botte. Poco dopo, indicando un altro l’uomo, la moglie dice «È quello l’uomo».
È molto probabile che Asghar Farhadi, che conosce benissimo l’opera di Hitchcock, conosca anche questo mediometraggio. Il suo ultimo film Il cliente, infatti, presenta una situazione che, prima di deviare verso problematiche etiche ed esistenziali, ha più di un punto di contatto con l’inquietante opera del maestro. Per realizzarlo, dopo la parentesi francese de «Il passato», Farhadi è tornato in Iran dove, nonostante alcuni mutamenti sociali, la libertà è ancora un obiettivo da raggiungere. Lo si capisce, ad esempio, dall’attività dei protagonisti, attori, e da tutte le difficoltà burocratiche che comporta voler mettere in scena un testo complesso come «Morte di un commesso viaggiatore» di Arthur Miller, che a sua volta raccontava un momento di svolta sociale negli Stati Uniti in maniera fortemente simbolica. Il parallelismo tra attività teatrale e vita vissuta dà all’autore la possibilità di intersecare i piani trasformando il palcoscenico in uno specchio degli avvenimenti reali. Il risultato, molto interessante, non sembra interamente all’altezza dei precedenti per l’affiorare di una certa maniera che non mantiene l’ispirazione a livelli omogenei.
Nel caso de Il cliente, film scritto benissimo e costruito con precisione, si ha l’impressione che l’appendice thriller abbia un po’ preso la mano a Farhadi rendendogli meno facile riportare il tutto a parametri reali. Soprattutto, quella che chiameremo l’interferenza di Hitchcock fa sì che alcuni passaggi del racconto, accettabili in un film di genere, siano meno credibili in un contesto che intende comunque rimanere realistico. Ad esempio, se è seguito con attenzione il passaggio di Emad dalla ricerca della verità all’ossessione, appare meno motivata la condizione della moglie, obiettivamente amplificata a fronte della reale entità dell’aggressione. Quando poi si identifica il colpevole, subentra un surplus di melodramma che si manifesta in gemiti, lamenti e pianti. Perfetto, invece, il finale: Emad e Rana sono di nuovo in teatro e si sottopongono al trucco per una nuova rappresentazione. Per l’ennesima volta, the show must go on.
Vincitore di due Palme d’Oro, una per la sceneggiatura e una per l’interpretazione maschile di Shahab Hosseini, Il cliente è comunque un film di buon livello che conferma il valore di un regista che divide il suo tempo tra la costruzione di thriller psicologici e la profonda analisi di anime tormentate.