IL BUIO NELL’ANIMA
DI FRANCESCO MININNI
E’ un fatto che negli ultimi tempi si parla sempre più dell’America associandola alle armi, al diritto di offesa, alla mentalità da vecchia frontiera, a certe atmosfere che si respirano con più intensità dopo l’11 settembre con tutto il suo corredo di cattive coscienze, amare disillusioni e radicali colpi d’ala in materia di politica estera. Si potrebbe pertanto leggere «Il buio nell’anima» di Neil Jordan come una sorta di cartina di tornasole di questa situazione, tanto più in quanto orchestrata da un regista irlandese abitualmente indipendente e talvolta politicamente scorretto e da una protagonista (qui anche produttrice) non esattamente inquadrata nel sistema come Jodie Foster. E, diciamo la verità, per circa tre quarti del racconto l’interesse si mantiene alto.
In una notte come tante, a Manhattan, Erica Bain passeggia con il fidanzato e il cane in un parco. L’aggressione da parte di tre balordi provoca la morte dell’uomo, gravi lesioni a lei e la scomparsa del cane. Erica, che conduce in diretta alla radio una trasmissione di successo, cerca di scuotersi per uscire dalla paura che non sembra volerla abbandonare. Poi, entrata in possesso di una pistola, comincia ad uccidere: un assassino in un drugstore, due teppisti nella metropolitana, un violento in auto, un boss della droga in un parcheggio. La spirale della violenza sembra inarrestabile, anche se in un certo senso Erica fa il possibile per farsi prendere. Forse l’interessamento del detective Mercer potrebbe dare una svolta alla storia, se non fosse che uno dei tre assalitori è imprevedibilmente identificato
Certo, «Il giustiziere della notte» è dietro l’angolo. E non solo lui: tanti imitatori che, in un modo o nell’altro, hanno finito per pensare che l’alternativa alla violenza selvaggia possa essere soltanto la giustizia privata. La differenza con Erica Bain, però, è che Jordan cerca di presentarcela in modo da non essere costretti a fare il tifo per lei. Jordan parla di violenza che crea violenza senza prendere una posizione a favore dell’una o dell’altra. Si capisce bene come tale procedura sia rischiosa, perché è molto difficile mantenersi obiettivi quando chi diventa assassino sia stato sottoposto a esperienze traumatizzanti che in qualche modo possono sempre fornire un’attenuante. Ma diciamo pure che, fino a un certo punto, «Il buio nell’anima» dà l’impressione di seguire una strada meno scontata di quanto l’argomento lasciasse presagire. Il fatto che Erica sia in partenza una vittima non esclude affatto le sue responsabilità. Poi, però, il racconto prende una piega che ci induce finalmente a chiederci come sia possibile che una donna, sia pur esasperata e dotata di forte carattere, possa uscire indenne da situazioni che sarebbero letali per molti uomini. E questa è logica elementare. L’elemento più importante, tuttavia, è ideologico. Erica, infatti, dà la caccia ai tre che l’hanno brutalmente aggredita uccidendo il suo uomo. Strada facendo trova solidarietà e collaborazione dal detective Mercer. Nel 1983, in «Coraggio fatti ammazzare», era Jennifer Spencer (Sondra Locke) a uccidere i quattro violentatori suoi e di sua sorella, restando impunita grazie alla benevolenza di un poliziotto. E non di un poliziotto qualunque: si trattava dell’ispettore Callaghan di Clint Eastwood. Se, dunque, dopo ventiquattro anni l’ideologia non cambia, rimanendo sempre sospesa tra reazionaria e pietista, vuol dire che, forse, «Il buio nell’anima» non è così attuale come vorrebbe sembrare. E’ un fatto che né la fredda bravura di Jodie Foster né l’abilità narrativa di Neil Jordan possono far passare in second’ordine. Come dire che, 11 settembre o meno, la vecchia frontiera è proprio una questione di Dna.
IL BUIO NELL’ANIMA (The Brave One) di Neil Jordan. Con Jodie Foster, Terrence Howard, Naveen Andrews. USA 2007; Thriller; Colore