I fratelli Vanzina in cineteca: «IL PRANZO DELLA DOMENICA»

DI FRANCESCO MININNIRobert Altman con «Un matrimonio», Ettore Scola con «La famiglia», Mario Monicelli con «Parenti serpenti», persino Simona Izzo con «Maniaci sentimentali»: le riunioni di famiglia, da che mondo è mondo, hanno sempre portato veleni e scheletri nell’armadio. Buon ultimo arriva Carlo Vanzina, che periodicamente si distacca dall’asse Roma-Milano (ovverosia De Sica-Boldi) e comunque dal filone «commedia pecoreccia» che gli ha dato tanto successo, per tentare qualche operazione più ambiziosa che regolarmente gli allontana il grande pubblico inducendolo a tornare precipitosamente allo stile più riconoscibile. «Il pranzo della domenica» fa parte di questa razza ibrida soltanto perché non avrà alcun successo.

Quanto alle ambizioni, si limitano alla riproposta di situazioni, ambienti e personaggi alla «Incantesimo» con una lunga serie di citazioni che fanno pensare che questa volta i Vanzina Brothers del loro non ci abbiano messo proprio niente. Tutto ruota intorno a una nonna all’antica che pretende il rispetto del rituale domenicale. Si dà il caso, però, che cadendo in cucina la signora si fratturi un femore. Intorno al letto d’ospedale, comincia così il valzer delle coppie: tre figlie con rispettivi consorti e qualche nipote. La prima è sposata con un intellettuale di sinistra che si licenzia continuamente ed è ancorato ai vecchi ideali. La seconda ha per marito un avvocato donnaiolo impenitente. La terza è in depressione permanente perché non può avere figli. Tra un litigio, una tragedia e un po’ di saggezza femminile, le coppie si ricomporranno. Fermo restando, naturalmente, il rituale domenicale rinsaldato da un secondo femore e da una terza caduta.

Guardate bene in filigrana: c’è l’episodio «Pane e tulipani», con la moglie che lascia il marito e prende l’autostrada; c’è l’episodio «C’eravamo tanto amati», citato esplicitamente con la partecipazione dell’intellettuale al quiz televisivo; c’è l’episodio «Natale sul Nilo» con il professionista che proprio non riesce a staccarsi le donne di dosso. E c’è addirittura Massimo Ghini che ripropone movenze e mossette del compianto Alberto Sordi dell’epoca de «Il seduttore». Per cui, ogni eventuale velleità umana e sociale si infrange contro questa massiccia barriera di già visto, come ben chiarito dalla battuta della suora compagna di stanza della signora infortuata: «Sembra proprio Incantesimo 5».

Non vorremmo sembrarvi costituzionalmente avversi a Carlo Vanzina e alle sue operazioni alla moda, ma prove alla mano c’è poco da stare allegri. Tanto più che ogni episodio, anche il più triste, è sempre presentato in modo da renderlo materiale da commedia senza il minimo accenno di dibattito morale. Si salvano Giovanna Ralli con la sua grande energia, Maurizio Mattioli meno becero del solito e, con tutti gli inconvenienti di personaggi preconfezionati, le tre sorelle Barbara De Rossi, Elena Sofia Ricci e Galatea Ranzi. Ma non basta a dare ossigeno a questo cinema italiano, quello della vecchia commedia di costume che ormai non ha più ragion d’essere.

IL PRANZO DELLA DOMENICA di Carlo Vanzina. Con M. Ghini, B. De Rossi, R. Papaleo, M. Mattioli, E. Sofia Ricci, G. Ranzi, G. Ralli.