«GOOD NIGHT, AND GOOD LUCK»

DI FRANCESCO MININNIEcco il Clooney che non ti aspetti. Attore di successo, bello e affascinante, con villa sul lago di Como, baciato da visibilità mondiale con la pubblicità del Martini, già passato alla regia con un film insolito e irrisolto («Confessioni di una mente pericolosa»), dirige «Good Night, and Good Luck» e ci impartisce una lezione di storia e di democrazia. E a quanti fanno notare che non c’è niente di difficile o di pericoloso nell’affrontare il maccartismo (lo hanno già fatto con alterne fortune Daniel Taradash in «A casa dopo l’uragano», Martin Ritt ne «Il prestanome», Irwin Winkler in «Indiziato di reato», Martin Scorsese in «The Aviator»), lui risponde che «Good Night, and Good Luck» non è un film sul maccartismo. È piuttosto un approfondimento del ruolo dei media, ovvero dell’informazione, in un qualunque regime democratico: tanto meglio se si parla degli Stati Uniti, che della democrazia hanno fatto la loro bandiera.

Il giornalista della Cbs Edward R. Murrow si trova a dover scegliere tra rientrare nei ranghi di un silenzio-assenso o prendere di petto il senatore McCarthy per le sue persecuzioni anticomuniste che, così come erano condotte, mettevano in discussione il significato stesso della parola democrazia. E Murrow, sostenuto dal suo capo Friendly, sceglie la ricerca della verità. Che, una volta ridimensionato il potere di McCarthy, proseguirà nella direzione di ridefinire il valore dell’informazione come salvaguardia della libertà in opposizione a una televisione che andava sempre più verso l’intrattenimento a scapito della circolazione delle idee.

Citando il «Giulio Cesare» di Shakespeare, McCarthy si rivolge a Murrow in questi termini: «Di che cibo si nutre questo nostro Cesare, ch’egli è divenuto così grande?». E Murrow, facendo notare che si tratta di appena qualche rigo sopra, ribatte: «La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi, se noi siamo degli schiavi». Attenendosi scrupolosamente alla realtà storica dei fatti, George Clooney dà prova di intelligenza. Proiettando la vicenda sul presente, invece, dà prova di coraggio. L’idea è che soltanto un giornalismo pronto a cogliere i cambiamenti e a tenere costantemente informata la gente possa contribuire ad evitare che siano compiuti passi che potrebbero rivelarsi irreversibili. E, così come è presentata, la materia non si presta ad alcuna enfatizzazione idealistica: lo stile di Clooney, molto più vicino a un cinegiornale che a una fiction spettacolare, è secco, asciutto, privo di compiacimenti. Il bianco e nero del girato si armonizza perfettamente con quello dei filmati d’epoca (perché McCarthy è proprio McCarthy), raggiungendo un risultato non pari ma molto simile a quello di «Zelig» di Woody Allen. David Strathairn, nel ruolo di Murrow, impressiona per concentrazione e drammaticità: il premio assegnatogli a Venezia è pienamente meritato.«Good Night, and Good Luck» (la frase con la quale Murrow chiudeva ogni sua trasmissione), è un film appassionato, appassionante e ricco di significato. Si direbbe che provenga dalla parte sana dell’America.

GOOD NIGHT, AND GOOD LUCK (Id.) di George Clooney. Con David Strathairn, George Clooney, Frank Langella, Jeff Daniels, Robert Downey jr. USA 2005; Drammatico; Bianco e nero