Gli ultimi giorni di un mito: «CALLAS FOREVER»
Così «Callas Forever» si può schematicamente dividere in tre parti. La prima, senz’altro la migliore, con tutto ciò che di vero può esserci nell’inarrestabile declino della cantante. La seconda, piuttosto di maniera, sulle riprese di una «Carmen» nella quale una vecchia registrazione avrebbe restituito alla Callas la voce di un tempo. La terza, di gran lunga la più deludente, nella quale diventa insostenibile il peso di un’invenzione sia pure dettata da amore e rispetto. C’è tuttavia, in «Callas Forever», un’ancora di salvezza che permette a Zeffirelli di evitare una seconda brutta figura dopo «Il giovane Toscanini».
Pur prendendo atto di un’idea del personaggio scarsamente critica e più tendente a una sorta di beatificazione, è necessario concentrarsi sul contributo degli attori. Se Jeremy Irons non ha alcuna possibilità di andare al di là di un impresario di maniera, Fanny Ardant è una Maria Callas appassionata e, a parte la differenza di naso che saggiamente nessuno ha pensato a ritoccare, molto credibile. Dove si dimostra come gli attori di razza siano in grado di far dimenticare qualunque mancanza di somiglianza con un lampo negli occhi o un gesto di una mano.
CALLAS FOREVER di F. Zeffirelli. Con F. Ardant, J. Irons, J. Plowright, G. Garko