Fratelli nemici
Il termine polar è stato inventato dai francesi unendo i termini policier e noir per definire un genere nato alla fine degli anni Quaranta in risposta al classico noir americano. Lo caratterizza una malinconia di fondo che porta i protagonisti, poliziotti o criminali, ad interrogarsi sulle proprie esistenze con risultati sovente fatalisti e con destinazione solitudine o morte. Lo hanno elevato ad arte, tanto per dire, registi come Henri-Georges Clouzot (Legittima difesa), Jacques Becker (Grisbi), Jean-Pierre Melville (Lo spione).
Col passare del tempo le caratteristiche del genere hanno seguito il cambiamento dei tempi. 36 Quai des Orfevres di Olivier Marchal, ad esempio, racconta di un’operazione anticrimine che diventa una guerra tra polizie. Per dire che finito il romanticismo resta la realtà. E se questo vale per i poliziotti, vale anche per i criminali.
Un tema come quello affrontato da Fratelli nemici del francese David Oelhoffen sembra ideale per evidenziare i cambiamenti e ridefinire i contorni del genere. Un poliziotto e un criminale, entrambi arabi, cresciuti insieme come fratelli più che amici, si ritrovano su fronti opposti e passo dopo passo sono portati a convergere l’uno verso l’altro. Ognuno con i propri obiettivi, ma nella consapevolezza che la collaborazione dell’altro sarà indispensabile per raggiungerli. Ma, se il poliziotto dell’antidroga ha le spalle quasi coperte dalla struttura, lo spacciatore è mandato allo sbaraglio. Il codice d’onore che ha sempre caratterizzato la malavita, l’idea di famiglia come porto sicuro, la certezza di un capo che comunque avrà a cuore le sue sorti sono idee che non esistono più. Proprio come i proiettili: quando pensi di aver sparato l’ultimo, ce n’è sempre un altro che ti aspetta.
La storia generica è questa. Manuel organizza una grossa vendita di cocaina che fallisce perché qualcuno ha tradito. Ci sono due morti (tanto per cominciare) e la droga sparisce. Driss, il poliziotto, non crede che Manuel abbia organizzato il colpo e lo contatta per una reciproca collaborazione. Non sarà facile, ma i loro trascorsi inducono l’altro ad accettare. Un tassello dopo l’altro, la verità diventa incontestabile: Raji, il capo dei capi, quello che dovrebbe dare sicurezza e protezione, ha organizzato tutto per coprirsi le spalle. E allora non c’è più spazio per rispetto e onore. Ognuno dovrà agire da cane sciolto, senza copertura.
In attesa del proiettile finale (che, come abbiamo ormai capito, finale non è), Oelhoffen trasforma il canovaccio poliziesco in una discesa nell’animo umano dove ognuno, indipendentemente dalla parte che rappresenta, ha luci e più che altro ombre che ne indirizzano l’esistenza. Ovviamente non perde occasione per sottolineare l’etnia dei protagonisti: «Perché hai scelto la narcotici?». «Perché in qualunque altra sezione la mia faccia sarebbe stata un problema. Qui invece è un vantaggio». E non perde neanche occasione per definire i tempi: «Familiari e amici che si sbranano tra di loro per la roba, per i soldi, oramai. E così non hai più un senso». E contrappone due attori molto diversi. Matthias Schoenaerts (Manuel) essenzialmente fisico, muscolare e diretto, contrapposto a Reda Kateb, dolorosamente riflessivo, pensieroso e consapevole di partenze e arrivi. Ma vengono dalla stessa infanzia e sono quasi destinati a ritrovarsi. Senza sentimentalismi o nostalgie: Fratelli nemici non è Angeli con la faccia sporca. È una cronaca di oggi dove non c’è posto per aggiustamenti di genere.
Se il film è un thriller, lo è perché tratta di un colpo, di un tradimento, di un’alleanza e di sparatorie. Ma niente di tutto questo porta alla creazione di un mito o a una beatificazione: in fondo al sentiero c’è la morte. E così Oelhoffen si rivela degno erede di una tradizione che, abbandonati i luoghi comuni nelle pagine di un libro o nei fotogrammi di un vecchio film, assai poco romanticamente si ritrova nel notiziario della sera.
FRATELLI NEMICI (Frères ennemis) di David Oelhoffen. Con Matthias Schoenaerts, Reda Kateb, Adel Bencherif, Ahmed Benaissa. FRANCIA/BELGIO 2018; Thriller; Colore.