«DOPO MEZZANOTTE»

DI FRANCESCO MININNIDavide Ferrario non ha perso il gusto per le inquadrature sghembe, per una gioventù alla ricerca di se stessa, per spazi urbani che si trasformano in qualcosa di non esattamente quotidiano. Ma ciò che in «Tutti giù per terra» confluiva verso la rappresentazione di una generazione ribelle e priva di punti di riferimento, in «Dopo mezzanotte» assume i contorni più sfumati di una realtà sfuggente. Ora la vedi, ora non la vedi. Perché nel film, sotto sotto, si parla più di cinema che di realtà, e se ne parla in un modo tale da confondere le carte. L’idea di fondo, infatti, è quella di non farci mai sapere se le vicende di Martino, Amanda e dell’Angelo siano proprio vere o non facciano parte piuttosto di un vecchio film amatoriale custodito a Torino nel Museo del Cinema, all’interno della Mole Antonelliana.

Martino ha qualche difficoltà a vivere con la gente. Preferisce chiudersi nel Museo del Cinema, del quale è guardiano notturno, e vedere vecchi film muti (il suo prediletto è Buster Keaton) osservando tutt’al più le luci di Torino dall’alto. Il mondo di fuori, però, lo attende: una notte Amanda, cercando di sfuggire alla polizia, si rifugia proprio nella Mole. E Amanda, in senso lato, non è sola: sta con l’Angelo, un ladro d’auto, che adesso la sta cercando. Comunque vada, le cose per i tre giovani non potranno più essere le stesse…

Ferrario ha molto affetto per i suoi personaggi e un grande amore per il cinema. Questo lo porta da una parte a rappresentarli con fin troppa dolcezza, dall’altra a servirsi senza risparmio dell’arma a doppio taglio della citazione. Da due difetti, tuttavia, potrebbe nascere un pregio: «Dopo mezzanotte» diventa la storia di giovani d’oggi che, sognando il cinema, si ritrovano a vivere in un mondo diverso, a due passi dalla realtà. Ecco perché il film non ha pretese di radiografia generazionale (ce ne sono fin troppe): chiede soltanto che il pubblico, interessato a tre diverse solitudini in cerca di compagnia, si ricordi pian piano di un cinema che non c’è più e invece c’è ancora. Che magari, facendo uno sforzo sovrumano, riesca a ricordarsi di un genio chiamato Buster Keaton, meno amato di Chaplin e forse più grande di lui. In questo senso Martino, Amanda e l’Angelo potrebbero svolgere una importante funzione di tramite.

Cosa resta da dire? Che questi tre spiriti inquieti mostrano qualche punto di contatto con i sognatori di Bernardo Bertolucci («The Dreamers», appunto). Ma con una differenza di fondo: i ragazzi di Bertolucci partivano dal cinema e finivano sulle barricate, quelli di Ferrario vorrebbero una realtà diversa e si rifugiano nel cinema. Uno pretende di essere un percorso storico, l’altro è un semplice atto d’amore.

DOPO MEZZANOTTE di Davide Ferrario. Con Giorgio Pasotti, Francesca Inaudi, Fabio Troiano, Francesca Picozza. ITALIA 2004; Commedia; Colore