Dolor y Gloria
I segnali sparsi di autobiografia che costellano il cinema di Almodóvar dovrebbero confluire in Dolor y gloria, sorta di autobiografia definitiva che fa i conti con lo scorrere del tempo, con la memoria, con le riflessioni sul passato (ma non sul futuro), con un apparente bilancio che dovrebbe rappresentare la sintesi di un’esistenza intera. Dovrebbe, perché in realtà un devoto appassionato del melodramma come Almodóvar difficilmente metterà in immagini la verità vera senza aggiungerci in quantità variabili elaborazioni e fantasie. E poi è lui stesso a dirlo in occasione del Festival di Cannes: Dolor y gloria racconta allo stesso modo cose che sono accadute e cose che sarebbero potute accadere. Senza, naturalmente, che ci venga indicato in alcun modo quali siano le une e quali le altre. C’è soltanto un diffuso senso di malinconia che alla fine rende molto evidente il dolore e molto sottintesa la gloria.
D’altronde, a un esperto di messe in scena come Almodóvar non si potrà mai chiedere la verità senza orpelli, invenzioni scenografiche, colpi di teatro, ironia beffarda e richiesta, da parte dello spettatore, di un’assoluta complicità. Come dire che la verità di Almodóvar passa attraverso la rielaborazione di un passato che è allo stesso modo autobiografico e cinematografico, dove la mamma Jacinta e il piccolo Salvador sono sia l’immagine del ricordo sia gli attori chiamati a interpretarlo. Talvolta i giochi di Pedro diventano stucchevoli e troppo autoreferenziali, talvolta invece abitano ai piani alti della finzione (verità?) cinematografica. Dolor y gloria abita ai piani alti.
Salvador Mallo, scrittore e regista invecchiato e pieno di malanni, deve prendere atto dell’impossibilità di continuare a lavorare proprio nel momento in cui riaffiorano i ricordi, tornano a visitarlo i fantasmi del passato remoto e recente, le cineteche lo cercano per presentare copie restaurate dei suoi film. Da una parte, quindi, c’è la consapevolezza di non avere più la vitalità di un tempo, dall’altra la voglia di continuare a dispetto di tutto. E siccome la vita di Salvador (cioè Almodóvar) è uno spettacolo che deve continuare, non avremo alcuna certezza. Mal di schiena, emicranie, una Tac, un sospetto tumore che invece si rivela altro, i ricordi che si rincorrono e sono in conflitto, non sono altro che segnali inequivocabili dello scorrere del tempo. L’importante è che il film si concluda con una scena girata su un set dove Jacinta è Penélope Cruz e i ricordi sono il soggetto di un nuovo film.
Almodóvar riesce per una volta a dire certe verità riguardo la propria vita senza essere provocatorio o aggressivo. È come se l’età lo inducesse a raccontare con la consapevolezza di un vissuto che è stato indubbiamente trasgressivo ma che a un certo punto diventa motivo di riflessione. Cioè, la provocazione lascia il posto alla complessa ricerca di un equilibrio, di una sorta di tranquillità che dovrebbe essere anche pacificazione con se stesso e con la vita.
Ecco quindi che Dolor y gloria, invece di gridare in faccia al mondo, sussurra nella consapevolezza di un percorso non semplice e di appendici esistenziali sulle quali bisogna riflettere. Poi, naturalmente, Almodóvar rimane un imbonitore, un prestigiatore, persino un mistificatore, talvolta anche un venditore porta a porta che non rinuncia a niente pur di vendere la propria mercanzia.
Ma, diversamente da tanti episodi del passato, questa volta ricopre sia il ruolo del venditore che quello dell’acquirente, che per lui equivale a soffermarsi a riflettere nel tentativo di tirare una riga tra ciò che è stato, ciò che avrebbe potuto essere e, in minima parte, ciò che sarà. Con Antonio Banderas a fare il suo alter ego, Penélope Cruz nel ruolo della madre e comunque tutti i personaggi che potrebbero essere sia ricordi da mettere in immagini sia protagonisti di un film. Quando il burattinaio diventa anche il burattino, il gioco potrebbe non finire mai.
DOLOR Y GLORIA (Id.) di Pedro Almodòvar. Con Antonio Banderas, Asier Etxeandia, Leonardo Sbaraglia, Penélope Cruz, Julieta Serrano. SPAGNA 2019; Drammatico; Colore.