Di nuovo in gioco

Che Clint Eastwood fosse un vecchio repubblicano dalla scorza dura e dalle idee molto assimilabili ai principi della vecchia frontiera lo sapevamo già, anche se film come «Mystic River» e «Million Dollar Baby» potevano indurre a qualche riflessione più complessa. A ricondurre tutto alla radice del problema ci ha pensato l’autore stesso prestandosi a più di un intervento a favore di Mitt Romney durante la campagna elettorale. E ora, tornando al ruolo di semplice interprete a quasi vent’anni da «Nel centro del mirino» di Wolfgang Petersen, contribuisce ancora di più a delineare la propria figura con contorni inequivocabili.

«Di nuovo in gioco», diretto dall’esordiente Robert Lorenz che è suo assistente da «Potere assoluto» in poi, parla il linguaggio classico del cinema americano che sembra generazionale, ma in realtà è semplicemente elegiaco nei confronti dei vecchi tempi, delle persone di una volta, dei vecchi sistemi: di tutto ciò che, proprio perché vecchio, è automaticamente considerato migliore. E non è un caso se l’ambiente scelto per raccontare la storia è quello del baseball, lo sport classico per eccellenza.

Al suo interno si muove Gus Lobel, un talent-scout molto titolato ma ad un passo dalla pensione e, a quanto pare, sul punto di essere sorpassato dalle nuove tecnologie e dai nuovi concorrenti informatizzati. Il suo problema è duplice: da una parte deve cercare un nuovo campione per la squadra di Atlanta, dall’altra deve recuperare il terreno perduto nei confronti della figlia Mickey, avvocato di successo. Lei lo segue durante una trasferta su consiglio del manager Pete, che si preoccupa della salute di Gus. Così padre e figlia avranno modo (finalmente) di parlare e di trovare un punto d’incontro.

Non l’abbiamo ancora detto, ma va da sé che il fiuto di Lobel è sempre vincente e che il rivale ironico e strafottente riceverà una solenne batosta. Come dire: progresso o non progresso, salute o non salute, computer o non computer, i sistemi di Lobel sono sempre quelli giusti. Come, ad esempio, riconoscere un campione dal suono che fa la palla quando viene colpita o diffidare di una stella emergente perché non in grado di colpire una curva.

Bisogna dire che assistere a «Di nuovo in gioco» può anche essere un piacere: giocato con le regole di una volta, accumula luoghi comuni filtrandoli attraverso una perizia spettacolare che non consente distrazioni. Se però ci soffermiamo ad analizzare il tutto a mente fredda, bisogna riconoscere che Gus Lobel non è altro che un incrocio tra due grandi personaggi dell’Eastwood recente, il Frankie Dunn di «Million Dollar Baby» e il Walter Kowalski di «Gran Torino»: dal primo eredita i problemi esistenziali e il rapporto difficile con la figlia, dal secondo la caparbietà e il ringhio di un anziano che comunque vadano le cose farà a modo suo. La differenza la fanno i luoghi comuni, che nei due film diretti da Eastwood erano tenuti a distanza con volontà di ferro, mentre questa volta prendono il sopravvento e permettono a chiunque di capire con buon anticipo in quale direzione stiano andando le cose.

Ecco perché si può dire che, nonostante Clint Eastwood sia produttore e protagonista nonché mentore del regista, «Di nuovo in gioco» non può essere a tutti gli effetti considerato come fosse un suo film: tutt’al più «alla maniera di», quasi una pausa di relax prima di riprendere il cammino più intenso cui ci aveva abituati da qualche anno a questa parte. Nel film di Lorenz, più del baseball, conta il rapporto tra padre e figlia. E si potrà notare come, indipendentemente da ogni episodio del passato che per quanto doloroso può comunque essere sanato, le distanze tra i due si azzerano solo quando Mickey mette a frutto i consigli e gli insegnamenti paterni e si misura sul suo stesso campo mandando a quel paese toga e carriera. È proprio vero: per Clint Eastwood, anche se ogni tanto ci ragiona e si pone qualche domanda, la vecchia frontiera è sempre lì, a due passi da casa.

DI NUOVO IN GIOCO

(Trouble with the Curve) di Robert Lorenz. Con Clint Eastwood, Amy Adams, Justin Timberlake, Matthew Lillard, John Goodman. USA 2012; Drammatico; Colore