DETACHMENT

DI FRANCESCO MININNI

Diciamo la verità: ci mancava Tony Kaye, conosciuto fugacemente con «American History X» e poi completamente sparito dal mercato italiano, ma abbastanza incisivo e diretto da rimanere nella memoria. Ci mancavano il suo furore, le sue immagini durissime e ricche, il suo andare al cuore del problema senza preoccuparsi se qualcuno tra il pubblico ne sarebbe rimasto scioccato, persino la sua retorica e il suo didascalismo, prezzi da pagare nell’affrontare questioni di fondo a viso aperto. Ed è un piacere ritrovarlo a dodici anni di distanza da quel primo film senza che né il tempo né l’assuefazione né il conformismo ne abbiano cambiato di una virgola procedure, pregi e difetti.

«Detachment» (letteralmente «il distacco») si occupa apparentemente del problema della scuola, ma in realtà va molto oltre le apparenze. Se ci limitassimo alla tematica scolastica, bisognerebbe concludere che, pur essendo passata molta acqua sotto i ponti, poco è cambiato dai tempi de «Il seme della violenza» di Richard Brooks (anno 1955): il corpo insegnanti magari volenteroso ma inadeguato, gli studenti segnati da atteggiamenti che oggi si chiamano bullismo e da durissime problematiche familiari, la possibilità di ottenere qualche risultato soltanto trovando «complicità» in qualcuno della parte avversa. È esattamente ciò che abbiamo pensato, di volta in volta, con «La scuola della violenza», «The Principal», «L’ora della violenza» e quant’altro si occupasse di scuole cosiddette difficili. Ma in «Detachment» c’è di più.Henry Barthes è un insegnante di letteratura che, non avendo mai preso in considerazione una cattedra fissa, vive di supplenze. Pertanto la sua permanenza nell’ennesima scuola di periferia (una periferia naturalmente difficile e violenta) potrebbe non essere altro che l’ennesima permanenza temporanea. Il punto è, però, che svariati avvenimenti, primo fra tutti l’incontro con una ragazzina, Erica, che batte i marciapiedi e che in qualche modo lo induce ad aprirsi al prossimo, cambiano le cose. Per la prima volta Henry sarà costretto a confrontarsi con se stesso e, finalmente, a prendere una decisione.Si capisce bene come «Detachment» non sia la storia di un rapporto tra insegnante e studenti, o tra insegnante e colleghi, ma piuttosto l’analisi approfondita di un personaggio disperatamente alla ricerca di se stesso. Si capisce, cioè, che il girovagare di Henry da una scuola all’altra equivale al rifiuto programmatico di mettersi in gioco fino in fondo perché, nell’aprirsi agli altri, sarebbe costretto a guardarsi dentro. Episodi a parte, i problemi di Henry sono i nostri: possiamo decidere di vivere da soli macerandoci nelle nostre insicurezze oppure optare per il confronto, lo scambio, l’aiuto reciproco. Ed è comunque singolare che il trauma scatenante di questa importante decisione sia rappresentato per Henry da Erica, ovverosia un personaggio non legato all’ambiente scolastico. Singolare nel farci capire che lo stimolo decisivo non sarebbe mai potuto venire da un ambiente rispetto al quale Henry era già ampiamente anestetizzato e poco reattivo.

Tony Kaye non usa il punto a croce, ma preferisce lo scalpello e il martello pneumatico. Così facendo ottiene ciò che vuole, dando soltanto in sporadiche occasioni l’impressione di essere disposto a tutto pur di scuotere lo spettatore. E gli perdoniamo anche occasionali didascalismi e qualche scivolata retorica, che in un certo senso fanno parte del pacchetto e, tutto considerato, possono starci. Di sicuro ne abbiamo in cambio un’immagine non ovattata del sistema scolastico americano, un notevole percorso psicologico all’interno di un uomo condotto utilizzando un linguaggio filmico per nulla convenzionale, una notevolissima interpretazione di Adrien Brody (molto meglio qui di quando si offre al miglior offerente), belle prove marginali di Marcia Gay Harden e James Caan, una debuttante (Sami Gayle nel ruolo di Erica) più vera del vero e un film che convoglia ogni parolaccia, ogni provocazione, ogni ruvidezza verso la presa d’atto che non esistono storie destinate a priori a conclusioni negative e ripiegate su se stesse. Cambiare si può.

DETACHMENT / IL DISTACCO (Detachment) di Tony Kaye. Con Adrien Brody, Sami Gayle, Marcia Gay Harden, James Caan, Christina Hendricks. USA 2011; Drammatico; Colore