DEPARTURES

DI FRANCESCO MININNI

Persi i grandi vecchi, il cinema giapponese non ha più trovato individualità dirompenti capaci di catalizzare l’attenzione internazionale e di dare continuità a una cinematografia particolarissima e affascinante. Anche così, ogni tanto emerge una personalità che, foss’anche per lo spazio di un film, colpisce e induce a sperare. Potrebbe essere il caso di Yojirò Takita, vincitore a sorpresa del premio Oscar per il miglior film straniero del 2009 e, in virtù di questo, accreditato di una sia pur tardiva distribuzione internazionale.

Il suo «Departures» è profondamente giapponese nell’estetica e nelle tematiche, nel senso che comunque non risente di influenze occidentali preferendo, in tutti i sensi, giocare in casa. E lo fa con straordinaria compostezza, con un ritmo dilatato che evita per intero il pericolo della noia, con una notevole capacità simbolica che non è mai criptica o surreale, ma che sceglie la strada della semplicità e del realismo. Soprattutto, guardatevi da tutti quelli che, magari storcendo la bocca, diranno che si tratta di un film sulla morte: «Departures» è l’esatto contrario.

Daigo, violoncellista rimasto senza lavoro dopo lo scioglimento dell’orchestra in cui suonava, deve ovviare alla necessità di portare a casa i soldi per dare da mangiare a sé e alla moglie. Fraintendendo un’offerta di lavoro, si presenta a quella che crede un’agenzia di viaggi per scoprire che in realtà la NK è un’agenzia funebre che si cura della preparazione dei defunti all’ultimo viaggio. Daigo, consapevole di aver bisogno di lavorare, accetta il posto e, guidato dall’anziano principale, si scopre capace e creativo anche in un campo lontano le mille miglia dai propri interessi artistici. Contemporaneamente, però, continua a tacere alla moglie la vera natura della propria occupazione di modo che, quando la donna ne viene a conoscenza, gli pone una sorta di ultimatum che però lui non accetterà. Rischiando di mandare all’aria la propria esistenza, Daigo mostra fedeltà alla propria arte e ne è in un certo senso ripagato. La moglie, incinta, tornerà a casa e l’agenzia funebre diventerà sua alla morte del principale.

La simbologia, semplicissima, che sta alla base di «Departures» è racchiusa nell’ambivalenza del titolo. Le partenze e le dipartite non sono esattamente sinonimi, ma si incontrano nel particolare che sia la nascita che la morte sono al tempo stesso l’inizio e la fine di qualcosa. In sostanza, tra partenza (la nascita) e dipartita (la morte) c’è tutta una vita da vivere. Per fare questo nel migliore dei modi è indispensabile il raggiungimento di un’armonia, di una compiutezza, di una serenità che permetta di affrontare al meglio i rapporti più difficili: quello con se stessi e quello con gli altri. Daigo, un artista fallito, potrebbe essere risucchiato da una esistenza ordinaria e depressa. Invece, secondo il principio degli estremi che si toccano, trova una valvola di sfogo per la propria creatività nel servizio ai defunti. Qui Takita ha modo di innescare l’ennesima variazione sul tema del conflitto, tipicamente nipponico, tra progresso e tradizione. Stando al rapporto dei giapponesi con la morte, più che sacrale e radicalmente diverso dal nostro, l’acconciatore di defunti dovrebbe essere una personalità di spicco nel contesto sociale, quasi un notabile: e invece Daigo, prima dagli amici e poi dalla stessa moglie, rischia quasi l’emarginazione in quanto «immondo». Salvo recuperare terreno (agli occhi del mondo) nel momento in cui si dimostra anche capace di procreare e non soltanto di accompagnare i morti all’ultimo appuntamento.

Tutto questo Takita lo mette in immagini con forza, poesia, rigore creativo, persino con umorismo, con lo scopo primario di farci capire che l’essenziale, nella vita, è un sogno da stringere con forza per raggiungere la consapevolezza di non aver vissuto invano. Bello, poetico, estremamente realistico e, al di là delle peculiarità strettamente giapponesi, persino universale. Se fossimo sicuri che siano state queste le motivazioni del premio, potremmo dire che è stato proprio un Oscar ben dato.

DEPARTURES (Okuribito) di Yojirò Takita. Con Masahiro Motoki, Tsutomu Yamazaki, Ryoko Hirosue. GIAPPONE 2008; Drammatico; Colore