Dark Crimes
Il regista greco Alexandros Avranas ha una particolare caratteristica di approccio alle vicende che sceglie di narrare: l’assoluta indifferenza all’eccesso, al paradosso, al simbolico, sparsi a piene mani per raggiungere lo scopo e completamente impermeabili a qualunque rischio di già visto, di troppo pieno e di involontarie cadute nel ridicolo. Impermeabili non significa, naturalmente, esenti da difetti, ma pienamente consapevoli del rischio e disposti a correrlo senza mezze misure. Accadeva nel suo film precedente, Miss Violence, ed accade ancora di più in Dark Crimes in virtù del passaggio da una tematica in un certo senso privata a una che invece investe un paese intero, le sue istituzioni, le trame politiche, i meccanismi del potere e l’eterna, irraggiungibile ricerca della verità.
Non è un caso, tanto per cominciare, se nel ruolo del protagonista (l’ultimo poliziotto onesto della Polonia) troviamo Jim Carrey, lontanissimo dalle smorfie di Ace Ventura ma anche perfettamente riconoscibile e quindi identificabile come maschera. Avranas lo ha voluto perché il pubblico fosse subito privato di qualunque certezza. Se questo è il punto di partenza e una costante stilistica (Carrey non abbandona praticamente mai la scena), poco importa se Marton Csokas, Charlotte Gainsbourg e Robert Wieckiewicz (il Lech Walesa di Wajda) ricoprono ruoli nei quali sono già conosciuti. A Avranas importa soprattutto disturbare, provocare, scuotere. E per farlo non esita a pescare a piene mani dal repertorio kafkiano costruendo una sorta di labirinto senza uscita, un tela intessuta di menzogne dove l’unica verità verrà rivelata a un morto che evidentemente non può ascoltare.
Tadek, investigatore caduto in disgrazia a causa di un caso scottante, intravede la possibilità di recuperare credibilità e il posto che gli spetta nell’ingranaggio del potere quando si convince dalle pagine di un libro dello scrittore Kozlov che sia proprio lui colpevole dell’omicidio del ricco affarista Sadowski. Avvertito dai superiori di «non farsi male», Tadek indaga a testa bassa coinvolgendo la donna di Kozlov, Kasia, e l’attuale capo della polizia Greger. Il tutto lo travolgerà. E quando qualcuno finalmente confesserà, lui non potrà assolutamente servirsene.
Decolorato e claustrofobico, Dark Crimes racconta con ritmo lento una storia che già conosciamo. Avranas lo sa benissimo e non se ne cura. Gli interessa non tanto l’originalità tematica, quanto la provocazione stilistica. La sua Polonia è un luogo simbolico che potrebbe simboleggiare tutti i luoghi in cui qualcuno dall’alto ha voluto e ottenuto che una qualunque verità rimanesse celata. Se è così, bisogna interrogarsi sull’efficacia della provocazione, se cioè le specifiche tecniche siano tali da giustificare l’operazione.
Tra tutti i difetti di Avranas (che lui ovviamente non riconoscerebbe come tali) il più pericoloso è quello dell’eccesso di rappresentazione. Dal bordello di Stato dove ragazze non esattamente volontarie sono sottoposte a violenze di ogni tipo, al personaggio di Kasia che esce da quell’ambiente e sopravvive concedendosi a chi capita (e che la possa aiutare), alla situazione familiare di Tadek che prevede il gelo assoluto con la moglie per motivi lasciati all’intuito dello spettatore, proprio niente è lasciato all’immaginazione.
Si accumulano perversioni, tristezze e brutalità in quantità che per forza di cose indica più compiacimento che volontà critica. Come se Avranas avesse qualche problema personale e si facesse forza della propria anarchia stilistica a mo’ di giustificazione. Se pensiamo che l’indagine verte su un riccone morto ammazzato che si dilettava nel fare del male alle donne e che si chiama Sadowski, rimane poco spazio per i simbolismi da decrittare.
Il percorso è chiaro (anche se non esattamente semplice): Dark Crimes preferisce la provocazione all’indagine e, per quanto non manchino i motivi d’interesse, finisce per sembrare più una rassegna di perversioni che un’analisi sociale e politica meditata.
DARK CRIMES (id.) di Alexandros Avranas. Con Jim Carrey, Marton Csokas, Charlotte Gainsbourg, Robert Wieckiewicz, Kati Outinen, Agata Kulesza USA/POL/GB 2016; Drammatico; Colore.