«CUORI»

DI FRANCESCO MININNIAbituati come siamo alle geometrie dell’inconscio di Alain Resnais, che non ha mai amato rappresentare il reale in quanto tale, ma piuttosto la sua versione del reale che ha sempre contemplato sogni, visioni, metafore, vuoti di memoria e persino incubi, potremmo quasi sentirci spiazzati da «Cuori». Tratto da un’opera teatrale di Alan Ayckbourn, lo stesso commediografo inglese che fu fonte d’ispirazione per il dittico «Smoking» «No Smoking», «Cuori» è una rappresentazione semplice (per quanto possa esserlo un film di Resnais) delle storie concentriche di alcune solitudini in cerca d’amore. Dove però la difficoltà sta nel capire quanto di ciò che vediamo sia collegato a un inequivocabile dato reale e quanto invece sia frutto di un’elaborazione, se non surreale, certamente grottesca.

Il testo di Ayckbourn, in un certo senso, finisce per essere assimilabile a certe opere di Harold Pinter se non per il cinismo certo per la capacità di astrarre e situarsi in una dimensione al di sopra della realtà. Il dato più confortante di «Cuori» è anagrafico: se Alain Resnais, a 84 anni, è capace di dare una rinfrescata al proprio stile e di esplorare territori già battuti con nuova vitalità e rinnovato entusiasmo, bisogna proprio concludere che l’età è davvero uno stato mentale. Mentre a Parigi nevica ininterrottamente, una coppia (non sposata) cerca casa. L’agente immobiliare, che ha una certa età, è attratto dalla propria collega di lavoro che, pur essendo molto religiosa, nasconde un lato segreto capace di trasformarla in una stakanovista del sesso. La donna, che lavora come badante di un vecchio collerico e sboccato, userà le proprie armi per restituire la serenità al paziente e, in fin dei conti, per dargli una dolce morte. Il figlio del defunto, un barista vedovo e solo, potrebbe ritrovarsi coinvolto nel meccanismo di un libero scambio che, fatti tutti i conti, riporta sempre alla solitudine. È decisamente teatrale l’impostazione che Resnais ha dato al racconto, con cambi di scena cui manca soltanto il sipario per evocare il luogo deputato. Con intervalli rappresentati dal cadere della neve (come in «L’amour à mort») che a sua volta rappresenta un presagio del gelo che dovrebbe costituire la mèta ultima dei protagonisti.

Ma, pur raccontando storie di solitudine, malattia, abbandono e (nel personaggio interpretato da Sabine Azéma) schizofrenia, Resnais non mostra la volontà di rigirare il coltello nella piaga. Lo sguardo con il quale contempla i suoi sfortunati personaggi è quello di un anziano signore che, avendo ormai perso ogni speranza nella vita, è pur sempre consapevole che quella stessa vita gli sta concedendo la possibilità di continuare a lavorare, a raccontare, a conoscere. E quindi non infierisce: «Cuori» è un racconto triste attraversato da lampi di dolcezza e di sorriso. Come a dire che così va il mondo, che c’è poco da fare, ma che non per questo ci si può sentire in diritto di angustiare le esistenze altrui assommando pensieri ed angosce. Così Resnais conferma il proprio pessimismo, ma anche una signorilità che, bilanciandosi, fanno pendere l’ago della bilancia dalla parte della commedia. Con André Dussollier, Sabine Azéma e Pierre Arditi sul piedistallo di un’interpretazione minimalista che, ad ogni pie’ sospinto, ci rassicurano sul fatto che, sì, stiamo proprio parlando del mondo in cui viviamo.

CUORI (Coeurs)di Alain Resnais.Con Sabine Azéma, Pierre Arditi, Laura Morante, André Dussollier, Lambert Wilson, Isabelle Carré.