CORALINE E LA PORTA MAGICA

DI FRANCESCO MININNI

Come si dice: attento a quello che desideri nella vita, perché potresti ottenerlo. Tenendo presente questo adagio popolare, prima lo scrittore Neil Gaiman e poi il regista Henry Selick (quello di «Stardust» il primo, quello di «Nightmare Before Christmas» il secondo) hanno ideato e messo in immagini una storia altamente simbolica che, pur appartenendo al regno dell’animazione, proprio non sembra destinata al pubblico dei più piccoli, che vi troverebbero molte ragioni di spavento e poche di divertimento.

Se il lavoro di Gaiman è stato molto sottile e raffinato nel prendere i luoghi comuni della letteratura per l’infanzia ribaltandoli e trasformandoli in uno strumento di inquietudine ancorchè concepiti con finalità evidentemente educative, quello di Selick è ad oggi il massimo che si possa chiedere alle tecniche dell’animazione. Girato con la tecnica dello stop-motion (animazione manuale fotogramma per fotogramma) e con tutte le possibilità offerte dalla tecnica tridimensionale, raggiunge un livello qualitativo di valore assoluto senza mai cedere alla tentazione del pezzo di bravura fine a se stesso, ma utilizzando tutta la tecnologia a disposizione a fini sempre espressivi. Così, ad esempio, si potrà apprezzare la differenza tra i due mondi paralleli, fatta di profondità e piattezza, grigio e colore, suoni e rumori. Ma sarà soprattutto apprezzabile, alla fine dei giochi, la constatazione apparentemente scontata ma poco applicata del fatto che tutti sarebbero molto più felici se apprezzassero il poco che hanno invece di andare a cercare un «meglio» che spesso non è altro che apparenza.

Coraline è una bambina undicenne che si sente sola e sovente trascurata da genitori che la amano, ma non al punto di invertire le proprie priorità. I problemi esploderanno dopo un trasloco in una casa che, a quanto pare, nasconde qualche segreto. Ci sono un gatto burbero ma perspicace, un ragazzino spaventato, una porta segreta e, come Coraline avrà modo di verificare, un mondo parallelo dove l’altra mamma e l’altro papà la attendono per colmarla di attenzioni e premure. Certo, per avere tutto bisogna accettare qualche condizione. Anzi, una sola: permettere all’altra mamma di cucire dei bottoni al posto degli occhi, che è la caratteristica fisica di tutti gli abitanti del mondo parallelo. A questo punto Coraline comincia a pensare che tanta bellezza possa nascondere qualche controindicazione. E si comporterà di conseguenza.

«Coraline e la porta magica» riesce ad immergerci con grande facilità in un mondo fantastico che, alla fine, si rivela essere proprio il nostro, solo visto con occhi un po’ diversi da quelli cui siamo abituati. Il film diventa così un continuo altalenare tra sogno ed incubo che, più di una volta, mette addosso una certa inquietudine, soprattutto perché Coraline, che dovrebbe essere l’eroina della situazione, non è esattamente un campione di simpatia. Ci si trova in un certo senso in un racconto nel quale si capisce benissimo l’entità del pericolo senza avere però modelli cui appigliarsi per identificazioni positive. Ecco perché, nonostante un lieto fine tutto da interpretare, non si può dire che «Coraline» sia un film ottimista. Evita soltanto di far sprofondare tutti nel più nero degli abissi tornando qua e là a far splendere il sole. Non a caso l’apparato visivo e scenografico potrebbe appartenere alle fantasie di Tim Burton, agli incubi di David Lynch o all’eccentricità di Terry Gilliam: nessuno dei tre autori, a quanto ci risulta, è famoso per essere un campione di ottimismo. Quanto a Henry Selick, che già in «Nightmare Before Christmas» aveva dato prova di gran talento dark, bisogna dargli atto di essere riuscito a comporre una fantasmagoria con pochi precedenti. Una merce rara.

CORALINE E LA PORTA MAGICA (Coraline) di Henry Selick. USA 2009; Animazione; Colore