COME DIO COMANDA
DI FRANCESCO MININNI
Prendete «Io non ho paura», uno dei film più intensi e riusciti di Gabriele Salvatores. Toglietegli la luce del sole, la forza della speranza, i paesaggi aperti e sconfinati, le decisioni forti che portano verso il bene. Avrete «Come Dio comanda», che è sempre di Gabriele Salvatores, è ancora tratto da un romanzo di Niccolò Ammaniti, ha ampio materiale filmico su cui discutere, è certamente in grado di far riflettere porgendo domande inquietanti, ma indiscutibilmente viene da un’altra parte della vita. Quella caratterizzata dal buio, esteriore e interiore, dove i rapporti umani sono sempre all’insegna della violenza, dove non è concesso di vivere una vita normale, dove l’unico orizzonte consentito sembra quello della morte. E dove, alla fine, si può anche usufruire di un premio di consolazione: due lacrime a testimonianza di un rapporto che, pur estremo e distorto, rivendica il proprio diritto ad esistere. Come si sarà capito, dunque, siamo alle prese con un film estremo, disturbante, attuale e contemporaneo, con nessun’altra speranza che quella dell’esistenza dell’opera d’arte, quindi più interessato alle ragioni del cinema che a quelle dell’umanità. Ciò non vuol dire che Salvatores fosse ottimista in «Io non ho paura» e adesso abbia cambiato idea. Anche l’ottimismo di quel film era dovuto essenzialmente a ragioni cinematografiche. Salvatores resta un signore gentile ed educato che, senza perdere un fondo d’anarchia che lo accompagna dai tempi di «Marrakech Express», non ha esattamente una grande fiducia nel genere umano. Semplicemente, accetta l’esistenza di tutti ed è disposto ad ascoltare le ragioni di tutti. Soprattutto quando rientrano nell’orizzonte del suo cinema.
In Friuli, in una zona impervia e fredda, vivono Rino e suo figlio Cristiano. Rino, disoccupato e in guerra con il mondo, resta ancorato a idee fasciste che provvede ad inculcare nel figlio con autorità e violenza. Il loro migliore amico (anche l’unico) è Quattro Formaggi, che traversie lavorative hanno reso «strano» e spesso fuori dal mondo. La loro strada si incrocia con quella di una ragazza che ha l’unico difetto di assomigliare a una pornostar adorata da Quattro. In una notte di pioggia battente, in un bosco attraversato dalla strada provinciale, si consumerà il dramma.
Il lavoro di Salvatores è tecnicamente notevole. Praticamente tutto il film è stato girato nel buio della notte o sotto fredde luci artificiali. In particolare la sequenza del bosco, lunga quasi mezz’ora, deve aver richiesto una particolare attenzione fotografica e un montaggio di particolare virtuosismo. È evidente però che il discorso su «Come Dio comanda» non si può limitare alla disamina tecnica o alla bravura degli attori (in particolare Elio Germano nel difficile ruolo di Quattro Formaggi). Ci si chiede se l’insistenza, fotografica e concettuale, sul lato oscuro dell’esistenza abbia solide motivazioni o sia soltanto strumentale alla creazione di un desolante noir di provincia. E siccome non conosciamo Salvatores come uno che scherza a fondo perduto sulle vite degli altri, siamo disposti a prendere «Come Dio comanda» come una gelida, allucinante radiografia di cuori freddi e menti oscurate. Dove il gesto finale di affetto tra padre e figlio significa comunque voler lanciare un’ancora di salvataggio che potrebbe persino essere afferrata. E dove Quattro Formaggi, reso assassino dal mondo che gli ha sconvolto la mente, non è certo il cattivo, ma quello che ha più diritto a reclamare il ruolo di vittima. Di certo ci sentiamo di avvertirvi che «Come Dio comanda» non è un film da prendere alla leggera. Né un film per tutti.
COME DIO COMANDA di Gabriele Salvatores. Con Filippo Timi, Elio Germano, Alvaro Caleca, Fabio De Luigi. ITALIA 2008; Drammatico; Colore