«COLLATERAL»

DI FRANCESCO MININNISi comincia con una novità: l’uomo dal vestito grigio, che nel 1956 era il simbolo (con la faccia di Gregory Peck) della media borghesia americana, oggi (con la faccia di Tom Cruise) è un killer senza sentimenti e con un margine di errore vicino allo zero. Michael Mann, nel tornare al thriller urbano dai connotati profondamente esistenziali (come «Strade violente», come «Manhunter» e, in minore, come «Heat»), ha preferito concentrarsi unicamente sullo stile senza preoccuparsi di una storia non eccessivamente originale né di alcune soluzioni narrative più spettacolari che motivate. Così facendo, ha dimostrato che lo stile conta: «Collateral» è un film lento, ritmato, avvincente e soprattutto visivamente di lusso. Per quel che conta, vi si narra di Max, un taxista di colore, e di Vincent, un killer che deve uccidere cinque persone in una notte, e di Los Angeles. Spostandosi con il taxi, Vincent ha in mente un piano millimetrico, convinto com’è che nessuno lo potrà intercettare. Non ha considerato, però, un elemento marginale («Collateral», appunto): Max che, in un certo senso imbeccato dai suoi ragionamenti parafilosofici, troverà la forza di sbarrargli la strada.Inutile soffermarsi sull’evoluzione di Max, francamente troppo frettolosa e non motivata fino in fondo. Il bello di «Collateral» sta nell’ambientazione (una Los Angeles notturna dove sembra che non debba più spuntare il sole), nel particolare rapporto tra i due protagonisti (con un killer che, mentre si atteggia a maestro di vita, in realtà è soltanto maestro di morte), nel minuzioso lavoro di fotografia e montaggio, nella scansione delle lunghe sequenze di raccordo o di azione diretta e soprattutto nel fatto che non ci troviamo di fronte al solito film d’azione. Mann, che di solito preferisce i ritmi accelerati, centellina ogni atmosfera, ogni angolo di strada, ogni incrocio, persino ogni pensiero dei suoi personaggi per arrivare a un imprevedibile spaccato sociale. Vincent non è un killer: è uno yuppie che, pur di arrivare alla vetta, non esita a calpestare le vite altrui con freddo cinismo. Max non è un taxista: è un uomo qualunque cui, per una volta, viene concessa una possibilità di scelta. Le vittime designate, i poliziotti, il resto del mondo non hanno una grande importanza. Così «Collateral» assume i connotati di un serrato confronto a due che, senza le esigenze di star come Al Pacino e Robert De Niro, guadagna in ritmo e profondità.

Tom Cruise, gelido nella sua indifferenza, trae finalmente giovamento da una gamma espressiva non illimitata. Jamie Foxx (il campione di football di «Ogni maledetta domenica») gli dà la replica con semplicità. Il modesto risultato ai botteghini americani ci conferma nella nostra opinione: non è il solito film d’azione.

COLLATERAL (Id.) di Michael Mann. Con Tom Cruise, Jamie Foxx, Jada Pinkett Smith, Mark Ruffalo. USA 2004; Thriller; Colore