Chi ha paura dei cerchi nel grano? «SIGNS»
Il reverendo Graham, pastore protestante che ha perso la fede dopo che la moglie è perita in un incidente stradale, vive con i figli e il fratello in una casa adiacente a un campo di granturco. È qui che si manifestano i misteriosi «cerchi», che la famiglia (scettici gli adulti, più sicuri i bambini) comincia ad avvertire presenze non identificate, che la fede perduta del reverendo torna pian piano a bussare alla porta e che quella che sembra una circostanza di poca entità si rivela invece come un fenomeno di portata mondiale.
Shyamalan ambirebbe a servirsi di un’ipotesi fantascientifica per raccontare il ricomporsi di una famiglia segnata da tragici eventi, la riconquista della fede da parte di un uomo di Dio e, soprattutto, l’utilità di credere nell’incredibile. Tre scalini altrettanto importanti che si trasformano nel limite maggiore del film: da una parte un’atmosfera ottimamente costruita e adeguatamente sostenuta, dall’altra una spiegazione finale che, dando forma all’invisibile, fa crollare il castello simbolico riconducendo il tutto alla banalità d’archivio.
E a questo punto, dopo l’ottima impressione suscitata da «Il sesto senso» e le perplessità su «Unbreakable», i pessimisti potrebbero anche cominciare a pensare che gli orizzonti di Shyamalan siano più limitati di quanto l’ottimismo suggerisse.
SIGNS (Id.) di M. Night Shyamalan. Con Mel Gibson, Joaquin Phoenix, Rory Culkin. USA 2002; Fantastico; Colore