«CHE NE SARÀ DI NOI»

DI FRANCESCO MININNIUn grande successo, probabilmente al di là di ogni previsione, induce sempre a porsi una domanda di fondo: perché? «Che ne sarà di noi», ideato e scritto da Silvio Muccino e trasformato in film da Giovanni Veronesi, affronta una serie di problemi reali che riguardano gli adolescenti in corsa verso l’età adulta (appena più grandi dei protagonisti di «Come te nessuno mai» di Gabriele Muccino: in un certo senso la loro continuazione). Il punto è che problemi del genere si prestano a trasformarsi, lentamente e impercettibilmente, in materiale da commedia, dove la sincerità non è un requisito essenziale per trovare la via del grande pubblico. La nostra impressione è che un’idea di partenza non nuova, ma comunque suscettibile di interessanti sviluppi, si sia trasformata nelle mani di Veronesi in una sagra del luogo comune. Dodici candidature al David di Donatello (una di più di «Non ti muovere» di Castellitto) ci fanno comunque capire che l’operazione è commercialmente riuscita.

Matteo, Manuel e Paolo, appena usciti dall’esame di maturità, progettano mille avventure e scelgono un viaggio in Grecia nell’isola di Santorini. La mèta non è casuale: lì trascorre le vacanze Carmen, il grande amore di Matteo, che spera così di rafforzare il legame. Si dà il caso, però, che Carmen sia assiduamente corteggiata da un adulto libertino e che (ne avreste dubitato?) non abbia per nulla le idee chiare sulla propria vita. E dunque, che ne sarà di loro? Qualcuno tornerà, qualcuno proseguirà il viaggio. Se poi crescano o rimangano una generazione omologata, ci vorrebbe un indovino (ma di quelli bravi) per saperlo.

Non vorremmo che Silvio Muccino, dopo il prezioso contributo dato al fratello Gabriele per «Come te nessuno mai», sia caduto nella trappola di credersi un «guru» della propria generazione. Non è detto: ribadiamo infatti che in partenza «Che ne sarà di noi» sembra dettato da un’esigenza di sincerità. La quale, però, si diluisce cammin facendo nel gran mare della commedia, fino a sfiorare la trasformazione dei protagonisti in amabili caricature più legate a modelli cinematografici che alla vita vera. In questo senso sono da intendere una serpeggiante misoginia, una rappresentazione fin troppo pittoresca di certe usanze greche, un personaggio d’archivio come il playboy di Enrico Silvestrin e, addirittura, l’esplicita riproposta delle teorie sulla fuga elaborate da Gabriele Salvatores in «Marrakech Express» (Giuseppe Cederna da una parte e Giuseppe Sanfelice dall’altra arrivano a conclusioni sovrapponibili)..

Dei tre protagonisti, Elio Germano (Manuel) è il più azzeccato. Silvio Muccino rifà più o meno se stesso e Giuseppe Sanfelice è troppo preoccupato di uscire dall’immagine che di lui è rimasta dopo «La stanza del figlio». Giovanni Veronesi, se parliamo di marketing, non ha sbagliato niente. Ma non basta per promuovere un film che, partendo dai problemi dei giovani d’oggi, finisce col parlarci soltanto di un fac-simile di celluloide. Così l’attualità diventa archeologia.

CHE NE SARÀ DI NOI di Giovanni Veronesi.Con Silvio Muccino, Violante Placido, Elio Germano, Giuseppe Sanfelice.ITALIA 2004; Commedia; Colore

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