C’ERA UNA VOLTA IN ANATOLIA

DI FRANCESCO MININNI

La cinematografia turca è sicuramente marginale sul mercato internazionale. Se escludiamo il momentaneo exploit di Yilmaz Güney, la nostra conoscenza si limita ad episodi isolati che rendono difficile la formazione di un quadro d’insieme. Nuri Bilge Ceylan, però, ha avuto una distribuzione sufficientemente costante, da «Uzak» a «Il piacere e l’amore» a «Le tre scimmie», e anche una discreta visibilità internazionale grazie a frequenti partecipazioni a festival (a Cannes ha vinto la Carrozza d’Oro) che gli consentono, se pur con distribuzioni indipendenti, di avere sempre un proprio spazio. Questo ci consente di apprezzare, fuori stagione e con pochissime copie, «C’era una volta in Anatolia», che è la conferma di un talento profondamente legato alla propria terra e, se vogliamo, la scoperta di un uomo di cultura eclettico che non esita a servirsi di modelli narrativi e psicologici codificati da altri. Nel caso specifico, è evidente che la lunga ricerca di un corpo nelle steppe dell’Anatolia non è altro che il movente di una ricerca interiore assai più complessa che di sicuro va oltre il dato poliziesco del thriller e si addentra nelle vie recondite dell’animo umano. Questo procedimento ha avuto il suo narratore più ispirato in Georges Simenon, non tanto nella lunga serie delle inchieste del commissario Maigret, quanto piuttosto nelle durissime analisi della Francia di provincia con scheletri nell’armadio e personaggi da scoprire in senso quasi mai positivo.

Nel corso di una lunga notte, una squadra di polizia, un procuratore e un medico sono accompagnati da un reo confesso sul luogo nel quale è stato seppellito un cadavere. E siccome di notte tutti i gatti son grigi, la ricerca, da un luogo all’altro con pochissimi riferimenti precisi, durerà parecchio. Giusto il tempo necessario perché dai dialoghi tra il procuratore e il medico venga fuori qualche verità tenuta per molto tempo nascosta e che permetterà se non altro di darsi una smacchiata alla coscienza. Poi, anche il defunto ha famiglia e anche lui lascerà qualcuno a piangerlo. In fin dei conti, per chi resta è sempre più dura che per chi va.

Bisogna dire che Ceylan, per almeno due ore (tanto dura la ricerca del luogo esatto della sepoltura) , tiene il film in pugno senza cedere di un passo dai propri intenti: si serve cioè di un evento criminale per indagare non tanto su di esso, quanto piuttosto sulle persone chiamate ad occuparsene. Hanno così modo di emergere i rapporti tra le autorità a diverso livello, i problemi sociali di un paese ancora fortemente sospeso tra tradizione e progresso, le richieste della base e le risposte del vertice. In tutto questo complesso intreccio extrapoliziesco, il funzionario di polizia è quasi un accusato, il procuratore un’anima in pena e il medico un testimone con facoltà di intervento. Alla fine, o meglio quella che noi crediamo sia la fine, verrà fuori una verità dolorosa che, per il solo fatto di venir fuori, avrà una funzione catartica. Da qui in avanti Ceylan, troppo coinvolto da un meccanismo dal quale non riesce a uscire, inserisce un’ulteriore mezz’ora interamente dedicata all’autopsia del defunto, mai mostrata ma soltanto “narrata” dal medico e dall’assistente che la sta effettuando. Mentre la parte precedente, per quanto condotta con ritmi molto lenti, risulta perfettamente leggibile, questa non lo è altrettanto e allunga inutilmente un racconto che, a nostro parere, aveva già detto quel che doveva. Resta il fatto che, scompensi a parte, «C’era una volta in Anatolia» è un film di spessore che meriterebbe un’attenzione più che superficiale. A cominciare dal titolo, che qualcuno potrebbe pensare addirittura inventato dalla distribuzione italiana per richiamare un pubblico distratto. Invece la favola c’è: è quella che, come dice il funzionario al medico, potrà essere raccontata ai propri figli in memoria di una notte molto diversa dal solito. E questo, con eventi diversi, è sicuramente capitato a molti di noi.

C’ERA UNA VOLTA IN ANATOLIA (Bir Zamanlar Anadolu’da) di Nuri Bilge Ceylan. Con Muhammet Uzuner, Yilmaz Erdogan, Taner Birsel. TURCHIA 2011; Drammatico; Colore