CAOS CALMO
DI FRANCESCO MININNI
I sassolini nelle scarpe, quando non fanno male, sono almeno fastidiosi e spingono la gente a liberarsene il prima possibile. Per «Caos calmo» di Antonello Grimaldi il sassolino non è, come qualcuno potrebbe pensare, l’ormai arcinota scena di sesso tra Nanni Moretti e Isabella Ferrari (niente di che: soltanto una via breve per guadagnare tanta pubblicità gratuita). No: stiamo parlando invece della bestemmia letta da Moretti in una relazione commerciale scritta da Silvio Orlando. A noi pare che quando si comincia a cercare una motivazione che possa prima spiegare, poi giustificare e infine legittimare una cosa del genere, stiamo percorrendo la strada sbagliata. Dato per scontato che il film di Grimaldi, tratto dal libro omonimo di Sandro Veronesi, rappresenti in maniera ora surreale, ora poetica, ora delicata, ora estremamente ruvida tutte le conseguenze della morte su quelli che rimangono e che da qui si spinga verso una più ambiziosa radiografia di un mondo in caduta libera, e che quindi un’espressione «forte» possa inquadrarsi nel contesto sociale, esistenziale, umano al centro del discorso, a noi sembra che, nell’ambito di una relazione commerciale, fosse più che sufficiente una semplice imprecazione (diciamo «porca puttana») per dare comunque l’idea di una deviazione dall’asse.
Al di là di questo, l’impressione che si ricava da «Caos calmo» è quella di un film che fa grandi sforzi per ricavare il meglio da un testo più episodico che organizzato. Soprattutto perché quando si comincia a raccontare una crisi interiore in chiave surreale, si rischia di andare oltre le intenzioni appesantendo il racconto con troppi personaggi e troppe deviazioni. In questo senso Grimaldi, e più ancora Nanni Moretti che è anche coautore della sceneggiatura, hanno lavorato bene. Il primo dando forma cinematografica a un difficile racconto in soggettiva, il secondo interpretando al meglio un personaggio che, al di là di inevitabili assonanze con sue opere precedenti (soprattutto «La stanza del figlio»), sembra alla fine abbastanza lontano dai suoi standard autobiografici abituali.
Pietro Paladini, professionista di successo, non sa che, mentre al mare sta salvando una donna dall’annegamento, a casa sua moglie sta morendo. Rimasto solo con la figlia Claudia, decide di scollegarsi dalla vita che ha vissuto fino ad allora: ogni giorno, dopo aver accompagnato la figlia a scuola, l’aspetterà seduto su una panchina nel giardino di fronte. L’interesse sta nel fatto che, mentre Paladini ambirebbe a essere lasciato in pace, quella panchina diventa mèta di visite quotidiane: il fratello Carlo, la cognata, i colleghi Jean-Claude e Thierry, il capo del personale, la donna salvata dal mare e addirittura il boss Steiner che sta organizzando la fusione delle aziende. Se Paladini pensava di essere un individuo problematico, dovrà prendere atto dei problemi degli altri, ognuno con un suo perché, ognuno con una richiesta d’aiuto.
«Caos calmo» rappresenta indubbiamente un mondo alla ricerca di se stesso, dove il conflitto tra avere ed essere sta superando i livelli di guardia. Ma non lo fa con fatalismo né con pessimismo preconcetto. Alla fine la presa d’atto che niente si ferma e che comunque è necessario rimboccarsi le maniche e fare la propria parte arriva forte e chiara. Basterebbe il particolare del suono emesso dall’auto quando Paladini aziona la chiusura automatica, cui il bambino down risponde quotidianamente con un saluto, per valutare positivamente un film che preferisce riflettere sulle cose invece di lasciarsi portare dalla corrente.
CAOS CALMO di Antonello Grimaldi. Con Nanni Moretti, Isabella Ferrari, Alessandro Gassman, Silvio Orlando. ITALIA 2008; Drammatico; Colore