BREAKFAST ON PLUTO

DI FRANCESCO MININNI

Che Neil Jordan sia stato sempre attratto da tematiche estreme è cosa certa: dall’esordio con «In compagnia dei lupi» all’horror barocco di «Intervista col vampiro» al dramma politico e umano de «La moglie del soldato», l’omosessualità, la psicanalisi, il contagio, il disagio di vivere hanno trovato dimora stabile nelle sue storie. «Breakfast on Pluto», tratto da un romanzo di Patrick McCabe, non fa che confermare quanto sopra facendo proprie nuove istanze e tematiche consentite dai tempi. Se a una lettura superficiale il film di Jordan può sembrare un elogio della diversità, uno sberleffo alle istituzioni, una provocazione fine a se stessa, a noi sembra invece che, pur contenendo elementi del genere, sia da salvare per una positività di fondo che nessuna provocazione potrà mai far vacillare.

Nell’Irlanda degli anni Settanta, Patrick Braden, un trovatello affidato da padre Liam a una famiglia con prevalenza femminile, nasce e cresce nella diversità abbandonandosi ad atteggiamenti effeminati, a una sorta di sfida ai benpensanti, a un’evidente propensione omosessuale. Il suo scopo è essenzialmente quello di ritrovare la madre, secondo soltanto a quello di sopravvivere in un mondo che, tra attentati dell’Ira, discriminazioni e machismo a tutti i livelli, non fa sconti a chi mostra debolezza o anche coraggio. Più che l’incontro con la madre, sarà quello con il padre (guarda un po’: un sacerdote cattolico) a dare una svolta alla sua esistenza.

Come per certi film di Almodovar, il semplice racconto della storia potrebbe dare un’idea sbagliata. È evidente che un omosessuale dalla nascita, figlio di un prete cattolico, amante di un rocker da strada, coinvolto suo malgrado in vicende di terrorismo e incapace di fingere per ritagliarsi un angolo di tranquillità, potrebbe evocare la semplice idea di una provocazione polemica. Eliminato da «Breakfast on Pluto» quanto appartiene ai luoghi comuni e alla maniera (ivi compresa un’interpretazione talora macchiettistica di Cillian Murphy), resta invece alla base di tutto un appassionato, incondizionato, disperato inno alla vita. Dove Patrick, messe da parte per un attimo mossette e ciglia in continuo movimento, riesce finalmente a trovare una sorta di ragione di vita appigliandosi alla maternità (fortemente voluta) dell’amica del cuore, diventando in un certo senso madre a sua volta e sentendosi forse per la prima volta intimamente utile a qualcuno e qualcosa. Come tutti i film sovraccarichi, «Breakfast on Pluto» paga un pesante pedaggio alla superficialità: quella di rappresentare gli uomini dell’Ira come buffoni da avanspettacolo, un poliziotto come un improbabile samaritano, il rocker come un patetico erede della Blues Brothers Band. Ma non va comunque liquidato come un baraccone senza capo né coda. Pur cadendo in molti tranelli che attendono al varco chi intenda essere politicamente scorretto a tutto tondo, dimostra come il bello e il buono possano tranquillamente abitare nelle case più povere e frequentino senza problemi i peggiori locali e le strade più malfamate. E Jordan si concede persino una evidente citazione da «Paris Texas» di Wim Wenders quando Cillian Murphy e Liam Neeson si parlano attraverso un vetro nel buio di un peep show. Il punto è che Patrick «Gattina» ha diritto di esistere. Siamo noi che non abbiamo il diritto di puntargli l’indice contro, almeno prima di aver dato una bella occhiata allo specchio.

BREAKFAST ON PLUTOdi Neil Jordan. Con Cillian Murphy, Liam Neeson, Stephen Rea, Brendan Gleeson. GB/IRLANDA 2006; Drammatico; Colore