BOTTLE SHOCK

DI FRANCESCO MININNI

Il «Bottle Shock» è quella particolare condizione di agitazione cui è sottoposto il vino che debba affrontare un lungo viaggio di trasporto, che richiede circa un mese di tempo per tornare alle condizioni ottimali. Nel caso specifico «Bottle Shock» è un film indipendente americano presentato con successo al Sundance Film Festival di due anni fa ma che, proprio per la sua specifica di indipendenza (che vuol dire fuori dei circuiti delle major), ha incontrato difficoltà ad essere distribuito in patria e ancor più a trovare la via del mercato estero. Se possiamo vederlo, in edizione sottotitolata e con l’accompagnamento del protagonista Alan Rickman, è grazie ai buoni uffici della Mediateca Regionale Toscana, cui va comunque il nostro apprezzamento. Il «comunque» è dovuto al fatto che, per quanto brillante e moderatamente originale, «Bottle Shock» non è poi un film memorabile.

A metà degli anni Settanta il mercato vinicolo era dominato dalla Francia. Nel tentativo di ribadire l’eccellenza transalpina a livello mondiale, l’inglese snob Steven Spurrier organizzò una degustazione al buio (senza cioè che gli assaggiatori sapessero cosa stavano bevendo) cui furono invitati non soltanto i vini francesi, ma anche qualche rappresentante dell’industria vinicola californiana della Napa Valley. La vittoria schiacciante del vino prodotto da Jim Barrett a Montelena in un’azienda a conduzione familiare cambiò per sempre le cose e i francesi dovettero riconoscere che c’era qualcun altro al mondo capace di fare le cose altrettanto bene.

L’episodio, naturalmente, è storico: la celebre «degustazione di Parigi» avvenne nel 1976 e segnò il decollo a livello mondiale del vino californiano, fino ad allora guardato dall’alto in basso dai più titolati concorrenti. Per trasformare questo semplice episodio in un film, il regista, sceneggiatore e montatore Randall Miller ha dovuto lavorare di fantasia sui personaggi e soprattutto sulle dinamiche familiari. Potendo contare su attori come Bill Pullman (Jim Barrett), Alan Rickman (Steven Spurrier) e Chris Pine (il giovane Barrett) e su location naturali (la Napa Valley) e fittizie (una Parigi allegramente ricostruita in studio) di indubbio fascino, Miller si è trovato nella necessità di dover raggiungere il metraggio necessario per trasformare uno sketch in un film di durata normale. Alla fine rimane la sensazione di una commedia familiare (la famiglia Barrett) cui sia stata a un certo momento applicata la vicenda del vino con relativa degustazione.

Ci sembra insomma che manchi un autentico collante in grado di tenere insieme un film trasmettendo l’idea di omogeneità e di stile uniforme. Se, ad esempio, tutta la parte parigina con Rickman e Dennis Farina è ricca di ironia e notazioni argute, a partire dal fatto che l’idea della degustazione che annichilì i francesi fosse partita da un inglese, la parte californiana, che è di gran lunga quella preponderante nel minutaggio del film, dà spesso l’impressione di andare avanti a forza di macchiette e luoghi comuni. Si noterà, ad esempio, come le questioni familiari e sentimentali dei Barrett non siano esattamente indispensabili a sostenere l’asse portante del film. Ci si chiede, insomma, se gli incontri di pugilato tra padre e figlio e le questioni di cuore tra il giovane Barrett e Gustavo innamorati della stessa donna siano armoniosamente inseriti nell’andamento della storia o non rappresentino piuttosto un di più che a lungo andare fa quasi perdere di vista l’obiettivo principale.

Il punto è che il personaggio che avrebbe dovuto essere il principale, cioè Steven Spurrier, non ha avuto uno sviluppo adeguato in sceneggiatura e ha finito per configurarsi come una macchietta di lusso. Di conseguenza hanno assunto un ruolo preponderante personaggi come i Barrett, che nella questione del vino diventano principali soltanto alla fine. Tutto ciò è dovuto probabilmente al fatto che Randall Miller non è certo un autore di primo piano: i problemi di ritmo e di omogeneità sono il prezzo da pagare per godere comunque di una piccola lezione di storia marginale che (viene da pensare) per gli americani possa anche aver assunto un’importanza primaria a livello di superego nazionalista.

BOTTLE SHOCK (Id.) di Randall Miller. Con Bill Pullman, Alan Rickman, Dennis Farina, Chris Pine, Rachael Taylor. USA 2008; Commedia; Colore