BORIS – IL FILM

DI FRANCESCO MININNI

Quando era ristretta al teleschermo, la serie «Boris» satireggiava senza pietà la televisione. Adesso che i suoi creatori, Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo, hanno deciso di farla approdare al grande schermo, appare persino ovvio che l’obiettivo si sposti sul cinema. Con obiettivi, se vogliamo, prevedibili e non difficili da mirare, ovvero l’annoso contrasto tra cinema d’autore e grande meccanismo commerciale, ma con una vitalità, una brillantezza di scrittura e un fattivo lavoro di gruppo che, di punto in bianco, ci riportano agli anni migliori della gloriosa commedia italiana, a dimostrazione che non è vero che la diffusa mediocrità sociale e umana possa ispirare soltanto opere mediocri.

E qui è il caso di chiarire il concetto: chi ricerca nel cinema la bella immagine, la maestria tecnica, tutto ciò che concorre a fare di un film un’opera d’arte, di fronte a «Boris – Il film» potrebbe storcere il naso obiettando che nulla differenzia questo film da uno qualsiasi degli episodi della serie TV. E forse avrebbe anche ragione, perché è evidente che l’obiettivo di Ciarrapico, Torre e Vendruscolo non è quello di dare una lezione di cinema. Se però ci soffermiamo sulla composizione della sceneggiatura, sulla brillantezza dei dialoghi, sul valore della scrittura, il discorso cambia aspetto. «Boris» è un film di spessore, d’intelligenza e, a dispetto dell’apparenza, molto meno surreale di quanto potrebbe sembrare.

Il regista televisivo Renato Ferretti, detto René, lascia sdegnato il set de «Il giovane Ratzinger» per insanabili disaccordi con la produzione. L’amico Sergio, che ha i diritti sul libro di Rizzo e Stella «La casta», gli propone il salto di qualità: un film d’autore, pesantemente critico nei confronti dell’establishment politico, nel quale sarà possibile parlare apertamente senza alcun tipo di censura o imposizione. René esita, poi si butta a capofitto nell’operazione. Con l’inseparabile pesce rosso Boris, vara un progetto ambizioso per il quale avrà a disposizione non il solito gruppo di tecnici «casalinghi», ma il meglio del meglio. Fatalmente, i nodi verranno al pettine: il meglio del meglio se ne tornerà a casa, il solito gruppo tornerà in pista e, come per magia, la critica sociale e politica si trasformerà nel cinepanettone «Natale con la casta».

È evidente che gli autori mirano al doppio binario: da una parte l’attacco spietato alla logica commerciale che trasforma De Laurentiis e Parenti nella coppia d’oro del cinema italiano, dall’altra l’ironico utilizzo anche oltre la misura critica di quei personaggi, quei dialoghi e quelle situazioni che di tale attacco dovrebbero rappresentare l’obiettivo. Si crea così una piacevole situazione di sdoppiamento che, alla fine, evoca Kafka: in un certo senso, «Boris» racconta l’ineluttabilità del destino di chi vive immerso in un mondo che utopisticamente vorrebbe stigmatizzare e che, a seguito di tale immersione, sembra non poter fare a meno di rientrare nell’odiato meccanismo. Gli autori riescono a comporre un quadro complessivamente brillante anche se, per scelta precisa, tutt’altro che omogeneo. Così «Boris» diventa una sorta di «Hellzapoppin» che, a differenza dell’originale, non si accontenta del musical surreale e demenziale, ma punta con un certo successo a una strampalata analisi sociale. Padrone di casa assoluto è Francesco Pannofino nei panni di René, a conferma che un grande doppiatore non debba essere necessariamente un attore improponibile. Lo affiancano tutti i componenti della troupe. Sarebbe giusto ricordarli tutti, perché contribuiscono in ugual misura al buon esito del film. Ma così facendo finiremmo per occupare uno spazio decisamente spropositato. Ci piace, tuttavia, segnalare Pietro Sermonti (irresistibile Stanis), Alberto Di Stasio (ironico Sergio) e la brillante autoironia di Carolina Crescentini. Diciamolo: pur in un contesto di sottile amarezza, ci siamo proprio divertiti.

BORIS – IL FILMdi Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo.Con Francesco Pannofino, Carolina Crescentini, Alberto Di Stasio, Pietro Sermonti.ITALIA 2011; Commedia; Colore