«BLACK DAHLIA»

DI FRANCESCO MININNIDa una parte c’è l’ossessione, dall’altra la cinefilia. L’ossessione è quella di James Ellroy, celebrato scrittore di noir, che in «Black Dahlia» mette in scena passioni violente, amori a più sensi e soprattutto una serpeggiante necrofilia. La cinefilia è quella di Brian De Palma, che ama il cinema classico e si ritiene capace di evocarlo e al tempo stesso trasgredirlo, pur non rinunciando mai alla passione per i dettagli, ai grandi movimenti di macchina e a tutto quanto fa spettacolo.

Ellroy è uno scrittore secco, brutale, quasi sempre essenziale. De Palma è un regista tecnico, spesso barocco, ridondante e tendente al compiacimento. Si direbbero due universi distinti e, anzi, piuttosto distanti. E probabilmente è vero se, come ci è parso, «Black Dahlia» punta più al contenitore stile anni Quaranta che a una rilettura personale e personalizzata. Pur modificando molto del lungo romanzo di Ellroy, De Palma e lo sceneggiatore Josh Friedman hanno tentato di mantenerne lo spirito e ciò nonostante hanno ottenuto un prodotto nel quale si respira più nostalgia che autonomia e nel quale la trasgressione si limita a descrizioni di situazioni e personaggi invece di diventare uno stato mentale.

E c’è di più: se consideriamo che nel romanzo compaiono 139 personaggi, molti dei quali non presenti nel film, ben si comprende come non debba essere stato facile trasformarlo in una storia da film. Lo si comprende soprattutto nel fatto che «Black Dahlia», come e più di ogni noir che si rispetti, è difficilissimo da seguire, non ha affatto un andamento lineare e, alla fine, rende un’impresa quasi disperata ricollegare tutti i fili del racconto.

In poche parole, due ex-pugili diventati poliziotti, Bucky e Lee, amano la stessa donna e indagano sul brutale omicidio di Elizabeth Short, più conosciuta come Black Dahlia. Quello dei due che arriverà alla soluzione, avrà modo di dare un’occhiata in grandi armadi pieni di scheletri.

Ci aspettavamo di più. Da Brian De Palma più di una elegante illustrazione d’epoca con colori tendenti al seppia, tempi narrativi molto lenti, un’ossessionante voce fuori campo e maggior attenzione ai dettagli esterni che a quelli interiori. Da Josh Friedman più di una sceneggiatura che costringe a sforzi sovrumani per capire chi ha ucciso chi prima di gettare la spugna e accontentarsi della soluzione finale. Gli attori principali, con l’eccezione di Josh Hartnett e con particolare riferimento alla sezione femminile, sembrano un po’ fuori epoca. Soltanto la grande fotografia di Vilmos Zsigmond suscita qua e là emozioni e ammirazione. Resta il fatto che il noir non è il genere più facile da praticare e che raramente ne abbiamo avuto grandi esempi associati a grandi produzioni.

BLACK DAHLIA (The Black Dahlia) di Brian De Palma. Con Josh Hartnett, Aaron Eckhart, Hilary Swank, Scarlett Johansson. USA 2006; Thriller; Colore