AVATAR

di Francesco Mininni

Di certo «Avatar» entrerà nella storia del cinema. Ma ci auguriamo vivamente che non la cambi come da più parti si auspica dando l’impressione di scommettere sul sicuro.

Considerando la portata dell’impresa tecnica, la stereoscopia tridimensionale, l’inserimento degli attori in una foresta interamente virtuale, la possibilità di modificare le riprese e i dialoghi da studio senza bisogno di girare nuovamente neanche un metro di pellicola, il ruolo marginale degli attori rispetto al dato tecnico di base, potremmo ritrovarci a dover giudicare un cinema sempre più a misura di macchina e sempre meno a misura d’uomo.

Dovendo individuare una costante nella fortunata carriera di James Cameron, megalomane al punto da affermare «Sono il re del mondo!» all’epoca del trionfo del suo «Titanic» nella notte degli Oscar, di certo non andremmo a cercare nelle tematiche umane o nelle valenze sociali: «Aliens», «Terminator», «Terminator 2», «The Abyss», «True Lies» e «Titanic» indicano il dato tecnico, gli effetti speciali, la volontà di andare costantemente «oltre». A margine, la diabolica astuzia di intervenire sui materiali narrativi per inserire variazioni ora fantastiche, ora ironiche, ora sentimentali per allargare il più possibile il gradimento e la consistenza numerica del pubblico. «Avatar», kolossal da 237 milioni di dollari girato in Nuova Zelanda, non cambia linea operativa.

Sul pianeta Pandora, abitato dalla razza guerriera dei Na’vi, il suolo è molto ricco di una sostanza che risolverebbe i problemi energetici della Terra allo sbando. Vista l’impossibilità di convincere i Na’vi con le buone, anche infiltrando tra loro un Avatar (creatura artificiale ottenuta dal mix del DNA umano con quello dei nativi), l’esercito passa alle vie di fatto cominciando a distruggere. Ma il marine Jake Sully, che oltre a infiltrarsi si è anche compenetrato dell’essenza della vita su Pandora innamorandosi di Neytiri, saprà guidare la resistenza valendosi di un prezioso, inaspettato aiuto dall’alto…

Sgombriamo il campo da pretese di originalità. Il primo pensiero va a «Pocahontas» (ivi compreso un bizzarro parallelo tra l’albero delle anime e nonna Salice), il secondo a «Flash Gordon» (ricordate il pianeta Arborea?), il terzo a «Apocalypse Now» e il quarto, persino scontato, a «Il Signore degli Anelli». Cameron, inoltre, fa il possibile per citare se stesso: l’armatura antimostro di «Aliens» e l’amore senza fine (oltre a qualche altro particolare) di «Titanic» indicano in lui la volontà di non cambiare sistema continuando a puntare al cuore del pubblico. Ma, se «Avatar» è indubbiamente un’esperienza visiva coi fiocchi, non si può fare a meno di rilevare come le sue basi tematiche siano legate a idee terribilmente antiquate: il ritorno alla natura e la difesa dell’ambiente, l’ottusità criminale delle gerarchie militari, l’umano riflessivo (anche se marine) che comprende le ragioni di un’altra razza fino al punto da farle proprie appartengono a un immaginario ormai d’archivio.

È invece interessante il fatto che Sully, al momento di incitare i Na’vi alla battaglia, usi esattamente le stesse parole del presidente Bush all’indomani dell’11 settembre: «Gli uomini del cielo ci hanno fatto sentire la loro voce. Ora noi faremo sentire la nostra». Solo che questa volta i «cattivi», gli «alieni» sono i terrestri, che forse addirittura meritano che il loro pianeta vada allo sfascio. Così come è interessante che, all’atto di predisporsi alla battaglia, lo stesso Sully invochi la divinità locale Eywa e che da questa riceva adeguata risposta. Senza tirare in ballo oziosi problemi di panteismo, ci sembra comunque positivo che un Dio (comunque lo si voglia chiamare) sia ancora ritenuto capace di interventi risolutori.

Certo, alla base di tutto questo sta ancora una volta il calcolo psicologico e spettacolare di Cameron che, con la sua consolidata abitudine di scommettere se stesso contro tutto, conferma di non essere né un idealista, né un utopista, né un ottimista, né un pessimista, né un agnostico, né un credente: Cameron è un uomo di spettacolo che ama le sfide. Il resto del mondo deve soltanto stare a guardare.

AVATAR (Id.) di James Cameron. Con Sam Worthington, Zoe Saldana, Sigourney Weaver, Wes Studi, Stephen Lang, Giovanni Ribisi, Michelle Rodriguez. USA 2009; Fantastico; Colore