Arene estive, meglio all’aperto

DI FRANCESCO MININNI

La musica non cambia: l’estate porta il caldo, gran parte della gente lascia la città per i luoghi di villeggiatura, automaticamente gran parte delle sale cinematografiche usufruiscono della meritata  chiusura estiva. E chi resta in città e non ha voglia di chiudersi in casa davanti a uno schermo televisivo disseminato di repliche? Giungono a proposito le arene estive che, anche se difficilmente popolate di novità o anteprime, servono a recuperare i film non visti durante la stagione appena conclusa con il richiamo, spesso soltanto teorico, del fresco assicurato. In più, ci sono anche ristoranti e buffet per una serata alternativa.

Così, tanto per cominciare, suggeriremmo Pollo alle prugne (di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud) e per dessert Ciliegine (di Laura Morante). È pur vero che le possibilità offerte dal cinema sono praticamente illimitate, al punto da poter affermare che vi possono trovare soddisfazione Tutti i nostri desideri (di Philippe Lioret). Ad esempio, per difendersi dalla calura estiva niente di meglio de Le nevi del Kilimangiaro (di Robert Guediguian) o di un posto qualunque dove qualcuno possa dirvi Benvenuti al nord (di Luca Miniero). Oppure, chi cercasse percorsi alternativi non avrebbe che da scegliere tra Il paese delle spose infelici (di Pippo Mezzapesa), Midnight in Paris (di Woody Allen), 7 days in Havana (di Del Toro, Suleiman, Tabio e altri quattro), una visita guidata a Cosmopolis (di David Cronenberg), il Marigold hotel (di John Madden).

Almeno fino a trovare un posto talmente giusto da far uscire spontanea l’affermazione This must be the place (di Paolo Sorrentino). Certo, se tutto questo dovesse mettervi addosso un po’ di malinconia (o meglio Melancholia di Lars von Trier), trasformando la vostra quieta esistenza in un Paradiso amaro (di Alexander Payne), si renderebbe necessario affrontare le cose con un po’ di sana filosofia da strada, ovvero Scialla! (di Francesco Bruni).

D’altronde, se non volete essere I primi della lista (di Roan Johnson) soprattutto in contesti scottanti come il Romanzo di una strage (di Marco Tullio Giordana), Diaz (di Daniele Vicari) o Acab (di Stefano Sollima), è sempre meglio mantenere un profilo basso ed evitare di mettersi in mostra: se Cesare deve morire (di Paolo e Vittorio Taviani), che diamine, sono affari suoi. Invece di rivelare scomode verità, potrebbe essere conveniente rifugiarsi in Piccole bugie tra amici (di Guillaume Canet). Se poi La guerra è dichiarata (di Valerie Donzelli), speriamo vivamente che la bomba non cada Molto forte, incredibilmente vicino (di Stephen Daldry) e che, bene o male, si riesca tutti a rimanere per lo meno Quasi amici (di Eric Toledano e Olivier Nakache). Meglio una diplomazia prudente che A dangerous method (di David Cronenberg, alla seconda uscita stagionale).

Scherzi a parte, il cinema resta sempre una Magnifica presenza (di Ferzan Ozpetek) che difficilmente richiede Una separazione (di Asghar Farhadi). Che la domanda sia Cosa piove dal cielo? (di Sebastian Borensztein) o E ora dove andiamo? (di Nadine Labaki), la risposta potrebbe essere indifferentemente «un bel film» o «insieme al cinema», che è comunque un buon modo di socializzare, di esercitare l’intelligenza e di far circolare le opinioni.

A questo proposito, approfittando della nostra modesta esperienza (anche questa è una piccola bugia tra amici, s’intende), ci permettiamo di suggerirvi quelli che secondo noi sono i film che realmente meriterebbero almeno una visione. Primo fra tutti Hugo Cabret di Martin Scorsese, poi Miracolo a le Havre di Aki Kaurismaki, quindi Il primo uomo di Gianni Amelio, senza dimenticare Silent souls di Aleksei Fedorchenko e Pina di Wim Wenders. A meno che, naturalmente, non siate convinti che si tratta della moglie del ragionier Fantozzi.

Buone vacanze a tutti.