«36 QUAI DES ORFEVRES»

DI FRANCESCO MININNIOlivier Marchal, prima di dedicarsi alla regia, è stato poliziotto. Si presume pertanto che quanto narrato in «38 Quai des Orfèvres» faccia riferimento ad esperienze personali o comunque basate su testimonianze di prima mano. È per questo che il film, più che inserirsi direttamente nel filone del polar francese, ambisce ad assumere valore di indagine sociale ed umana, rappresentazione di un mondo che non conosce amore e nel quale buoni e cattivi (almeno quelli principali) sono tutti poliziotti. Un po’ come accadeva in «Cop Land» di James Mangold: con la differenza che qui i poliziotti sono inquadrati all’interno delle diverse operazioni di polizia, quindi nello svolgimento delle loro mansioni al servizio della comunità. È ovvio che ne esce un’immagine fatalista e amara, non nuova ma comunque interessante.

Marchal non è né Jacques Becker né Jean-Pierre Melville (i più duri e amari del noir) e neppure Henri Georges Clouzot, al cui celebre «Legittima difesa» fa riferimento il titolo con l’indirizzo della Polizia centrale di Parigi. Ma è un ex-poliziotto che, tanto per gradire, sa anche costruire immagini di una certa forza. Se «36 Quai des Orfèvres» non racconta niente di nuovo, lo fa con stile.

Per dare la caccia a una banda che assalta furgoni blindati, si incrociano un poliziotto della omicidi e uno dell’antirapina. I due, una volta amici, ora si fanno la guerra e non risparmiano colpi proibiti pur di arrivare primi. La loro testardaggine coinvolgerà inevitabilmente affetti personali e persone innocenti…

«36 Quai des Orfèvres» ha un pregio e un difetto racchiusi nello stesso dato: la presenza di due attori straordinari come il sommesso Auteuil e il sanguigno Depardieu. Mentre nella prima parte la loro guerriglia va di pari passo con le imprese dei fuorilegge, dando vita a un poliziesco esistenziale dal gran ritmo e dalle implicazioni inquietanti, nella seconda il ritmo si allenta bruscamente per fare posto a una discesa all’inferno dove i due poliziotti diventano protagonisti unici più che assoluti. E Auteuil e Depardieu, che sono perfettamente in grado di reggere il confronto, non riescono però a reggere da soli un film che ha accantonato le appendici poliziesche per dedicarsi unicamente a uno scontro di caratteri. Salvo riprendere quota nella parte finale, quando una buona trovata risolutrice ci riporta per incanto ai tempi di «Grisbi», di «Casco d’oro», di «Tutte le ore feriscono… l’ultima uccide» e de «Lo spione». Ma senza appendici romantiche: chi muore, muore e chi vive resta solo.

36 QUAI DES ORFEVRES (Id.)di Olivier Marchal. Con Daniel Auteuil, Gerard Depardieu, Valeria Golino, Andrè Dussolier. FRANCIA 2004; Poliziesco; Colore