1917

In fondo il suo risultato migliore rimane Skyfall, un film ragionevolmente nuovo su un argomento ormai vecchio come James Bond 007. Adesso 1917 ripropone i dubbi. Acclamato dalla critica americana e premiato con due Golden Globe che restano una buona anticamera per gli Oscar, offre molti spunti di riflessione che purtroppo portano a concludere che c’era già tutto. Basato sui racconti di guerra del nonno, il film di Mendes racconta la guerra di trincea (come All’Ovest niente di nuovo e Orizzonti di gloria), la disperata corsa di due soldati per consegnare un ordine di revoca di un attacco che costerebbe la vita a 1800 soldati tra cui il fratello di uno dei due (come Salvate il soldato Ryan), la morte in primissimo piano, i topi sui cadaveri, il fango e le esplosioni. Insomma, la guerra più vera del vero.

E qui, forse rendendosi conto che il materiale non fosse di primissima mano, Mendes e il direttore della fotografia Roger Deakins si inventano l’ultima follia: girare tutto il film in due lunghissimi piani sequenza che non abbandonano mai Blake e Schofield, poi soltanto Schofield fino a missione conclusa. Benissimo. Ciò renderebbe 1917 palesemente diverso da quanto visto fino ad ora con l’aggiunta di interessanti riflessioni su un finto tempo reale (ventiquattr’ore condensate senza stacchi in due), anche se la finta contemporaneità dell’azione di Dunkirk di Nolan era già un precedente da non dimenticare. Il punto è che l’impresa di Mendes è in realtà fittizia, perché i piani sequenza sono apparenti e resi credibili solo con l’ausilio della computer grafica. Allora cosa resta? Un film bellico come tanti altri che maschera la sua retorica e qualche banalità con un’impresa tecnica apparente.

I caporali Blake e Schofield sono incaricati di attraversare le linee e di raggiungere il reparto Devon che si appresta a lanciare l’attacco contro i tedeschi in ritirata. Devono consegnare l’ordine di revoca perché la ritirata nasconde una strategia che rappresenterebbe un tranello fatale per gli inglesi. In più, tra i componenti della Devon c’è il tenente Blake, fratello del caporale. Il percorso è di quelli da missione suicida. Blake soccombe ai colpi di un pilota tedesco cui ha appena salvato la vita e Schofield, attraversando rovine, fango, cadaveri straziati, commilitoni in marcia e cecchini appostati, riesce faticosamente (è ovvio) a raggiungere la Devon e a consegnare l’ordine al colonnello Mackenzie.

È evidente che 1917 non dovrebbe essere una storia a lieto fine, perché la guerra continua e i morti sono destinati a moltiplicarsi. Eppure la sensazione non è questa. Un Blake è morto, l’altro lo piange, Schofield si siede esausto appoggiato a un albero, ma la missione è compiuta e quelle vite, che magari di lì a poco saranno spezzate, sono state salvate. Intendiamoci: il film di Mendes è tutt’altro che brutto. Chiaramente la fotografia di Roger Deakins la fa da padrona: quelle rovine notturne illuminate dai bengala che creano effetti di particolare rilievo sono un momento di grande arte visiva. Ma, di contro, resta l’impressione di una prima guerra mondiale raccontata con la tecnica del videogame (Battlefield, ad esempio) che porta a episodi come l’attraversamento del ponte distrutto in bilico sulla spalletta e sotto il fuoco di un cecchino o come le esplosioni che arrivano all’improvviso a togliere una vita o a diminuire il bonus. Ci pare che, al di là dei premi ottenuti e che otterrà, 1917 sia un film concepito per il successo ad ogni costo. A parte i ricordi del nonno, la verità storica non è certo la sua preoccupazione più assillante.

1917 (Id.) di Sam Mendes. Con George MacKay, Dean-Charles Chapman, Mark Strong, Colin Firth, Benedict Cumberbatch, Richard Madden.

GB 2019; Guerra; Colore