10 COSE DI NOI

DI FRANCESCO MININNI

Non è facile, per un regista abituato alle grandi produzioni e agli effetti speciali, scendere in strada con una macchina da presa e due attori e, per così dire, improvvisare un film. Soprattutto per un regista americano, Brad Silberling, che ha esordito con «Casper» e proseguito con «City of Angels» e «Lemony Snicket». Non è facile neanche se l’attore protagonista, Morgan Freeman, crede moltissimo nel progetto e ci mette del suo in sede di produzione. Perché la mentalità, spesso, può essere più forte della volontà e condurre chiunque, anche se armato delle migliori intenzioni, su strade impreviste. «10 cose di noi», a prima vista, deve molto a «Umberto D.» di Vittorio De Sica. Da una parte un pensionato che soffre di solitudine e abbandono e una camerierina che si occupa di lui, dall’altra un attore in calo di popolarità ossessionato dall’idea dell’insuccesso e una cassiera di un supermarket afflitta da (altri) problemi esistenziali. La differenza sta tutta nel soggetto: il pensionato di De Sica era una vittima di solitudine e povertà, mentre l’attore di Silberling non perde la voglia di mettersi in gioco, di fare il gigione, di esibirsi per un pubblico improvvisato e, comunque, di indossare una maschera. Appare chiaro, pertanto, quanta sia la distanza tra le epoche, le modalità e, naturalmente, i risultati. C’è da dire, però, che «10 cose di noi» ha l’accortezza di non pretendere l’impossibile e che, nell’ambito del sistema hollywoodiano, può sicuramente reclamare il titolo di produzione indipendente. Che poi non vada oltre il quadretto simpatico e umano servendosi anche di espedienti tipici della commedia, è un difetto relativo.

L’attore in calo di popolarità (non sapremo mai il suo nome) deve decidere se accettare una produzione indipendente nella quale dovrebbe interpretare un direttore di supermarket. Si reca pertanto in un supermarket di Carson, sobborgo di Los Angeles, per studiare la parte. Qui incontra Scarlet, cassiera un po’ nevrotica ma anche capace di slanci di umanità. È così che l’attore, abbandonato da un autista distratto, finisce per appoggiarsi a lei per ritrovare la via di casa. Nel frattempo, però, le darà qualche dritta sulle strade da seguire per non essere sempre in debito d’ossigeno. Naturalmente, entrambi si aiuteranno a ritrovare il coraggio di continuare a vivere.

Il titolo originale, «10 Items or Less», fa riferimento al cartello sulla cassa del supermarket: non più di dieci articoli. Il titolo italiano, come spesso accade, non fa riferimento a niente. Si capisce subito che, fra tutti, Morgan Freeman è quello che tiene di più al film: un attore di consumata esperienza come lui che accetta di mettersi in gioco lavorando quasi senza sceneggiatura su una storia esile e senza la sicurezza di una distribuzione normale, ha proprio bisogno di uscire (per poco, ma tanto basta) dalle superproduzioni cui la celebrità l’ha in un certo senso condannato. E per lui «10 cose di noi» dev’essere stata un’esperienza tonificante, se consideriamo che gli ha comunque permesso di esibirsi senza concorrenza e senza mai lasciare la scena. Al suo fianco Paz Vega, molto naturale e spontanea. La coppia funziona e rende l’idea di un’umanità che, abbia poco o tanto a disposizione, è comunque alla ricerca di qualcosa di più. Distribuito in America in sole 15 sale (che è come dire niente), il film ha risalito la china con le proprie forze raggiungendo incassi imprevedibili e arrivando al pubblico più vasto. Il che vuol dire due cose: da una parte che se ci si fa un po’ più in là c’è posto per tutti, dall’altra che Silberling sa comunque arrivare al pubblico e, pur lavorando in condizioni diverse dal solito, non ha certo evitato di lanciare segnali riconoscibili che gli permettessero poi di rientrare nel meccanismo commerciale.

10 COSE DI NOI (10 Items or Less) di Brad Silberling. Con Morgan Freeman, Paz Vega, Jonah Hill. USA 2006; Commedia; Colore