Cultura & Società

Rubini: “Tutti gli artisti cercano di avvicinarsi a Dio”

L'attore e regista ha dato voce al testo di Riccardo Bigi "Pietà. La notte di Michelangelo" nella cattedrale di Firenze in una serata dedicata al cardinale Giuseppe Betori

Sergio Rubini

È stata la voce piena di sfumature di Sergio Rubini a raccontare l’anima della Pietà di Michelangelo, venerdì 14 giugno, nella cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze in una serata dedicata al cardinale Giuseppe Betori. Rubini è attore, regista, sceneggiatore, vincitore di premi internazionali (anche quest’anno è candidato ai Nastri d’argento).

Uomo di teatro e di cinema, ha girato 14 film come regista, negli anni ha recitato con registi come Carlo Verdone, Giuseppe Tornatore, Francesca Archibugi, Gabriele Salvatores, e anche sul set di film internazionali come «La passione di Cristo» di Mel Gibson. Ha appena terminato di girare le immagini per una miniserie tv su Giacomo Leopardi, che in autunno vedremo su Raiuno.
Leggere un testo che parla dei tormenti di Michelangelo, nella cattedrale di Santa Maria del Fiore, è una cosa però che non gli era ancora capitata. E che non lascia indifferenti, come lui stesso ha rivelato prima di iniziare la lettura.


Cosa si prova a leggere un testo dedicato a Michelangelo sotto la cupola del Brunelleschi?
«È una grande emozione essere qui in questo posto meraviglioso ed è al tempo stesso una grande scoperta. Non conoscevo la storia di questa Pietà conservata a Firenze, ho avuto quindi l’occasione di scoprirla attraverso il testo di Riccardo Bigi. Mi sono molto emozionato quando ho letto per la prima volta il testo e mi auguro che si riveli una sorpresa e una grande emozione anche per gli spettatori questa sera e per i futuri lettori».
Il testo offre molti spunti di riflessione, a partire dal tema della pietà umana come riflesso di quella divina. Quali elementi ritrova nel suo lavoro?
«Penso che tutti gli artisti in qualche modo cercano la bellezza e credo anche che la bellezza non sia di questo mondo. L’ho sempre considerata come un qualcosa di astratto, qualcosa di ultraterreno. Gli artisti sono una tensione verso la metafisica, e dentro queste pagine che parlano del sublime Michelangelo ho ritrovato la storia di tutti quanti noi artisti che cerchiamo, in qualche modo, attraverso la nostra arte, di avvicinarci a Dio.»
Lei all’inizio si è avvicinato al teatro. Ora è un attore, regista e sceneggiatore. In quale veste si sente più libero di esprimere il suo talento?
«Non penso ci sia una grande differenza per quanto mi riguarda. Credo che sia un luogo comune il fatto che un artista è uno strumento nelle mani di un regista. Un attore è anche un autore perché un attore pesca sempre dal suo mondo interiore, questa mia triplice natura costituisce la mia personalità, la mia storia e identità».
Cosa consiglierebbe ai giovani che vogliono cimentarsi nelle arti drammatiche?
«Consiglierei di stare bene in guardia, perché comunque sono mestieri molto complicati in cui bisogna certamente avere spazio per la sofferenza e quindi la prima qualità che secondo me viene richiesta è la tenacia, l’abnegazione e la capacità di resistere. Il primo requisito è il talento, ma questo credo che sia scontato, poi insieme al talento, le qualità necessarie per sostenerlo e affermarlo sono la determinazione e la capacità di soffrire.»
Come vede il futuro del suo settore?
«Il futuro del teatro e del cinema è in qualche modo minacciato dall’intelligenza artificiale, dalla tecnologia. Anche se la tecnologia è una minaccia non solo per il mondo dello spettacolo e il mondo degli attori, ma una minaccia per tutti quanti noi. Perché può essere vista come uno strumento al nostro servizio o qualcosa che ci divora.»
Ha da poco terminato la tournée teatrale con «Il Caso Jekill», cosa ci può dire su altri progetti futuri?
«Adesso sto ancora montando la serie tv dedicata a Giacomo Leopardi e sono alla fine di una storia, una storia per me molto faticosa che è durata tre anni. Sono all’ultimo miglio, mi mancano ancora pochi mesi prima di consegnarlo alla Rai. Poi “Il Caso Jekill” lo riprenderò in teatro».

Presto in libreria il testo scritto da Riccardo Bigi
L’ultima delle notti in cui Michelangelo, anziano e malato, lavora alla Pietà che oggi si conserva al museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore. È questo il tema di «Pietà. La notte di Michelangelo» che Sergio Rubini ha letto il 14 giugno nella cattedrale di Santa Maria del Fiore. Il testo, di Riccardo Bigi, è una narrazione letteraria, opera di fantasia, che cerca di raccontare anche l’anima di Michelangelo, la profonda religiosità che pervade i suoi lavori. Per questo nel testo ricorrono spesso le parole dello stesso Michelangelo tratte dai suoi scritti, dalle lettere, dalle Rime.
Un testo che è stato apprezzato, e che in molti dei presenti hanno chiesto di poter rileggere: per questo diventerà un libro, pubblicato dalle Edizioni Toscana Oggi.