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RU486, VIA LIBERA DELL’AIFA; D’AGOSTINO: C’E’ UN NODO BIOPOLITICO NON RISOLTO

“La grande differenza che c’è tra la Ru486 e le altre modalità di effettuare l’aborto – tutte comunque da stigmatizzare – è che la Ru466 privatizza l’esperienza abortiva, contro il dettato della legge italiana, che non vuole che questa esperienza sia privatizzata, ma che avvenga sotto la tutela pubblica”. A parlare è Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani e presidente onorario del Comitato Nazionale di Bioetica, nel giorno in cui l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) ha dato il “via libera” all’introduzione anche in Italia della pillola abortiva Ru486. ”Da privato cittadino”, il giurista tiene a precisare che “tale affermazione non è di tipo morale o confessionale, ma si deduce dal nostro ordinamento, a patto che lo si voglia prendere sul serio”. “Se si usa la pillola Ru486 negli ospedali – spiega D’Agostino – è una foglia di fico il dire che la donna rimarrà ricoverata fino alla fine del processo. E’ ovvio che l’ospedale non è un carcere: se la donna chiede di essere dimessa, nessuno la può fermare. Cosa che non avviene con l’aborto chirurgico: o meglio può avvenire fino a cinque minuti prima, ma non a procedura già iniziata”. Ferma restando la gravità e l’illiceità di ogni forma di aborto, prosegue D’Agostino, “questo sarebbe un modo molto subdolo di aggirare la legge 194, e per di più scaricato interamente sulla donna”.“E’ la donna infatti – prosegue D’Agostino – che chiederebbe di lasciare l’ospedale, e i medici direbbero di non aver potuto fare nulla. Tutto ciò si traduce innanzitutto in minori garanzie per la salute della donna, ma soprattutto produce gravi conseguenze sul piano psicologico: è la donna a dover gestire da sola l’intera vicenda”. Quello in atto tra l’Aifa e l’indagine parlamentare sulla Ru486 è, dunque, per D’Agostino “un conflitto che nella sostanza è bio-politico, e nella forma viene presentato come conflitto amministrativo. Da una parte,infatti, l’Aifa ha una sua autonomia; dall’altra, se il Parlamento – in nome della sovranità popolare di cui è custode – attiva un’inchiesta a qualunque livello, merita rispetto. Dietro questa forma di contenzioso, in altre parole, c’è un nodo bio-politico non risolto”. “L’Aifa – spiega D’Agostino – tratta la Ru486 come se fosse un farmaco accanto ad altri farmaci: non è così, non solo perché tecnicamente non è un farmaco, ma soprattutto perché è riferito all’aborto che non è un problema medico, ma etico, politico, sociale e solo in seconda battuta medico”. Da parte sua, conclude D’Agostino, “il Parlamento ha percepito solo con molto ritardo il rilievo politico, etico, sociale della Ru496. Avrebbe potuto muoversi molto prima, visto che è una questione conosciuta da anni”.Sir