Italia

RU486, LEONE (UNIV. PALERMO): UN PASSO INDIETRO

“Un passo indietro”. Così Salvino Leone, del Centro di bioetica dell’Università di Palermo, definisce l’introduzione anche in Italia della pillola abortiva Ru486. E’ prevista oggi, infatti, la riunione del Consiglio di amministrazione dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), durante la quale si dovrebbe procedere alla delibera formale (“determina”) di autorizzazione sulla base di quanto già deciso nel luglio scorso, contenente le indicazioni relative all’applicazione clinica della Ru486, con tutti i dettagli relativi al protocollo e al percorso che dovranno regolare l’aborto farmacologico. Dopo la “determina”, saranno necessari 30 giorni per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, allo scadere dei quali il farmaco entrerebbe in vigore; nel frattempo, la Commissione Sanità del Senato ha disposto un’indagine parlamentare sulla Ru486, i cui lavori – secondo quanto ha dichiarato il Ministro Sacconi – dovrebbero concludersi al massimo entro la data prevista per la pubblicazione sulla Gazzetta. “Al di là della questione se la Ru486 sia conforme o meno alla legge 194 – dichiara Leone al SIR riferendosi al dibattito in corso – per la Chiesa quello effettuato con la Ru486 rimane sempre un aborto, la cui illiceità morale prescinde dalla legge”. Di qui la necessità di guardarsi “da ogni tipo di strumentalizzazione”. In particolare, l’introduzione anche in Italia – come nella maggior parte dei Paesi europei – della pillola abortiva ru486 rappresenterebbe un “passo indietro” – spiega Leone – in quanto “c’è il pericolo che venga introdotta una nuova forma di clandestinità: l’aborto ‘fai-da-te’, a casa propria, in solitudine. Una ulteriore forma di banalizzazione dell’aborto, vietata tra l’altro anche dalla legge 194, oltre che passibile di una valutazione etica negativa, come per tutte le forme di aborto”. Anche nel caso in cui l’aborto farmacologico tramite la Ru486 dovesse avvenire “per tutto il processo” in ospedale, ciò (oltre alla gravità e illiceità morale) rappresenterebbe – prosegue l’esperto – “un danno anche economico, perché mentre per l’aborto di tipo chirurgico la donna torna a casa entro uno o due giorni, nel caso dell’aborto chimico occorre trattenerla di più in ospedale, per le emorragie e le possibile complicanze, oggettivamente dimostrate e in grado di mettere a rischio la salute della donna”. Valutazione etica negativa, rischio di nuova clandestinità, maggiori e più gravi complicanze, maggiore impiego di risorse economiche “in un momento critico per la santità” quale quello attuale: “Tutto questo – si chiede Leone – solo per fare un favore ad una ditta farmaceutica?”.Sir