Prato

Ru 486 Anche a Prato l’aborto in pillole

di Lucia PecorarioA Prato è arrivata mercoledì, come conferma il primario di Ginecologia, Giansenio Spinelli. Nel frattempo la Ru486, la pillola abortiva che consente una interruzione volontaria di gravidanza senza ricorrere ad interventi chirurgici, trova molto contrarie anche qui le associazioni cattoliche che si occupano di sostegno alle donne in stato interessante. «La nostra posizione è sempre contraria all’aborto – spiega Caterina Bandini, presidente del Movimento per la Vita – ma nel caso della Ru 486 la situazione è ancora più drammatica, perché al dramma di un aborto si aggiunge la banalizzazione del gesto: si perde un bambino buttando giù una pasticca».Questa facilità di assunzione, poi, non renderebbe affatto la pillola meno invasiva, perché anzi «costringe la donna ad assistere in piena solitudine alla perdita del suo bambino», come sottolinea Patrizia Benvenuti, responsabile del Centro di aiuto alla Vita. Non solo: «È anche molto più pericolosa: le statistiche parlano di un significativo numero di donne decedute in seguito ad emorragie causate dal farmaco».A Prato, oscillano tra 650 e 700 le donne che ogni anno si sottopongono ad aborto chirurgico, rivolgendosi a Villa Fiorelli, la struttura deputata all’accettazione e a tutte le procedure relative alla legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza. È lì che si effettuano visite ed ecografie «Per capire – spiega il primario Asl – se ci sono le condizioni mediche e psicologiche per procedere all’intervento». Nel caso della Ru486, l’assunzione deve avvenire entro la settima settimana di gravidanza (contro le 12 consentite per l’aborto chirurgico). «È per questo – spiega Spinelli – che ritengo che a Prato non se ne farà un grande uso: infatti l’80% delle donne che si recano a Villa Fiorelli sono straniere e, spesso, già più in là nella gravidanza». Quello che è importante, sottolinea Spinelli, è «il consenso informato: le pazienti devono essere coscienti e capire bene a cosa vanno incontro».Sull’informazione punta molto anche il Centro per la vita: «Grazie al protocollo di intesa che ci lega alla Asl, – spiega Patrizia Benvenuti – a breve saremo in grado di diffondere il nostro materiale informativo all’interno della struttura ospedaliera». Inoltre, per quanto riguarda la Ru486, «a livello nazionale, il Cav ha già approntato un volantino, che presto sarà a Prato». Da parte sua, il Movimento per la Vita cura alcuni progetti per dare sostegno alle donne incinte in difficoltà. «La nostra speranza è che vengano sempre informate delle possibilità alternative all’aborto, – spiega Caterina Bandini – per esempio, del progetto “Mamma segreta”, che consente di partorire in ospedale in assoluto anonimato e anche di non riconoscere il neonato, oppure del progetto Gemma, curato direttamente dal Movimento per la vita, una aiuto economico nei periodi immediatamente prima e immediatamente dopo il parto».

(dal numero 14 del 18 aprile 2010)

I medici cattolici: così si lasciano le donne da sole

«Come cattolici siamo assolutamente contrari all’aborto, che sia chirurgico o medico, con la spirale o con la pillola del giorno dopo». Lo ribadisce Maria Nincheri Kunz, presidente dei Medici cattolici della nostra provincia. A parte la situazione, estrema, «in cui si debba scegliere tra la vita della mamma e quella del bambino: ma in quel caso io consiglio sempre il ricorso all’aborto chirurgico». Per la Kunz, infatti, la Ru486 «è un aborto chimico, e secondo riviste scientifiche autorevoli è dieci volte più pericoloso di quello chirurgico». Non solo: «Si sono verificati episodi di infezioni gravissime che hanno portato a morte giovani donne sane e le complicanze emorragiche possono essere molto importanti, senza contare che anche vicino a noi, tra Empoli, Pontedera e Siena, una donna su cinque è dovuta tornare in ospedale per fare la revisione chirurgica». Secondo la Kunz, allora, «non è vero che l’aborto chimico è più dolce: ci sono forti dolori per giorni e giorni, la donna è più sola, il procedimento di espulsione del feto è più lungo. L’unica verità – conclude la Kunz – è che si vogliono liberare le sale operatorie e dare tutto in mano alle donne. Ma questo è un modo di prenderle in giro».