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ROMENI IN ITALIA: CARITAS, 1 MILIONE DI LAVORATORI CON PROBLEMI MA TANTE VIRTÙ

Sono un milione i romeni in Italia ad inizio 2008, cento volte di più rispetto a 17 anni fa. Una presenza “non priva di aspetti problematici” per “l’ostilità nei loro confronti” anche a causa di “frange di persone” che “offuscano l’immagine della collettività romena, ricca di virtualità”. Contro la “sindrome dell’assedio” che sembra invadere gli italiani la ricetta è “una strategia concreta ispirata alla reciproca fiducia”, con “collaborazioni bilaterali e una maggiore insistenza sui percorsi di integrazione”. Lo suggerisce il volume di Caritas italiana su “Romania, immigrazione e lavoro in Italia. Statistiche, problemi e prospettive”, curato dai redattori del Dossier immigrazione in sinergia con diverse strutture pubbliche e private, presentato oggi a Roma e in diverse città italiane. Il libro (il terzo di una serie, i precedenti erano dedicati ai flussi dall’est Europa e alla Polonia) vuole riflettere “sul senso profondo di questa fase storica e riconoscerne i vantaggi, senza continuare a rimanere bloccati dalla paura di una ‘invasione’ dall’Est”. Emerge che nei Paesi Ue (soprattutto in Spagna e in Italia) i romeni sono circa 2 milioni, ossia una famiglia su 3 è emigrata all’estero. Secondo i curatori del volume questa è “una situazione di transizione” perché molti “sarebbero disposti a tornare in patria a determinate condizioni economiche”.

Su 1.016.000 romeni in Italia (una stima di massima che potrebbe diminuire del 10-15%) il 73,7% è qui per motivi di lavoro, il 23,5% per motivi di famiglia, il resto per altre ragioni. I romeni garantiscono in Italia l’1,2% del Pil e ogni 6 nuovi assunti stranieri 1 è romeno. Un terzo lavora nell’industria (edilizia), la metà nel terziario (assistenza familiare, turismo, servizi), il 6,6% in agricoltura. Il 9% ha una casa in proprietà e l’8% vive presso il datore di lavoro, “sono grandi lavoratori” e “straordinari nell’apprendimento dell’italiano”. La maggior parte apprezza il sistema sanitario italiano per la gratuità, ha amici italiani e tende all’insediamento stabile con i ricongiungimenti familiari. Più di 4 romeni su 5 sono ortodossi, “la dimensione religiosa non è lontana dalla vita” e la chiesa è spesso luogo di incontro e solidarietà. All’esperienza italiana – precisa il volume – danno “un voto di sufficienza” perché “desiderano un migliore integrazione”. In generale, il 71% degli immigrati che commettono reati (un quinto delle denunce penali) sono irregolari. “Seppure così ridimensionato – affermano – il problema è serio e può essere molto elevata l’incidenza degli stranieri in diversi tipi di reato: circa un terzo nei reati violenti e furti con violenza, il 51% nelle rapine e nei furti in abitazione, il 70% nei borseggi”.

I dati sulla devianza rilevano che “un terzo dei minori stranieri denunciati è romeno (4000 nel 2004), per lo più donne e in prevalenza rom e accusate di furto contro il patrimonio”. Inoltre “i romeni sono i primi tra i minori non accompagnati (più di 2000) abbandonati o venduti dai genitori o sfuggiti a un regime familiare oppressivo”. Inoltre circa 18.000/35.000 donne l’anno (romene e di altre nazionalità) vengono reclutate in Italia dalle organizzazioni malavitose della tratta. Nonostante ciò, sottolineano preoccupati, “la paura, in una società caratterizzata dalla precarietà – può diventare ideologia e portare il Paese a diventare ostaggio di questo sentimento, finendo per parlare di ladri e assassini anziché di muratori e di badanti”. Infatti, secondo i dati dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) i romeni “appaiono in realtà più vittime che ‘untori’”, soprattutto a causa di “un’informazione tendenziosa sui fatti nei quali sono coinvolti i romeni”. Perciò “è tempo – affermano i curatori del volume – che anche gli italiani si sforzino di capire che senza i romeni l’Italia starebbe peggio e che la realtà è migliore rispetto a quello che si legge nella cronaca nera”.

Sir