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ROM, INCONTRO IN VATICANO; PADRE DA CUNHA (CCEE): NO AGLI INTERVENTI OMOLOGANTI

No agli interventi “omologanti”, alle misure cioè che tendono ad assorbire la popolazione dei rom nella cultura dominante. E’ il parere espresso questa mattina da padre Duarte da Cunha, segretario generale del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa all’incontro dei direttori nazionali della pastorale degli zingari in Europa promosso in Vaticano dal Pontificio Consiglio per la pastorale per i migranti e gli itineranti. Padre da Cunha ha fatto sapere che il Ccee sta svolgendo un’indagine presso tutte le Conferenze episcopali d’Europa per conoscere meglio la presenza dei rom nei singoli Paesi, i progetti che si promuovono e come si articola la pastorale degli zingari. “Parliamo – ha detto padre da Cunha – di un popolo di cui è difficile dare una definizione e che per questo spesso è guardato da molti con tanti pregiudizi”. “Non è neanche facile sapere quanti sono; non vi è nessuna garanzia che tutti siano registrati presso le autorità civili e non si sa mai con certezza se stiano ancora in uno stesso luogo”. Sono tutti fattori che alimentano delle “paure”, nate però – aggiunge il segretario generale del Ccee – “dall’ignoranza che porta a considerare queste persone come estranee e quindi pericolose”. Per superare questi pregiudizi, “c’è bisogno di avere una conoscenza più positiva di questo popolo”. Secondo padre da Cunha, la Chiesa è chiamata “in modo speciale” a “guardare questo popolo e ogni persona che vi appartenga, come persone umane la cui identità va rispettata e forse anche valutata”. “Dobbiamo quindi prestare attenzione – ha sottolineato padre da Cunha – al modo con cui si cerca di attuare iniziative in vista dell’integrazione. Se vivere isolato non è buono, non significa che si debba essere completamente assorbito dalla cultura dominante. In realtà, però, molte misure promosse dai diversi enti pubblici sono di tendenza omologanti. Si pensa al ‘diverso’ come ad un problema e si preferisce o allontanarlo o forzarlo ad essere come tutti gli altri. La Chiesa cattolica avrà qui un ruolo molto importante, non solo per quanto fa, ma per quello che è”. E quello che la Chiesa può oggi suggerire è la logica della “unità di amore dove – spiega il sacerdote – ognuno e ogni comunità mantiene e ravviva la sua identità propria. Trasponendo questa logica alla questione della marginalizzazione dei rom, penso che si possa dire che se si vuole veramente aiutare ed evangelizzare, si deve amare ed educare all’amore per potere integrare senza assorbire. Soltanto così i rom si sentiranno allo stesso tempo pienamente inseriti nella società, e riconosciuti e valorizzati per quello che hanno di proprio. Sono certo che questa saggezza dell’amore può dare i suoi frutti e non credo che sia un’utopia”.Sir