“Il lingotto fugge in Svizzera, via Arezzo”. Titolano così le pagine economiche regionali de La Repubblica di oggi, che, a firma di Maurizio Bologni, dedicano un lungo approfondimento al “miracolo economico” per così dire, di una delle più celebri aziende aretine, la Chimet, “quella — si legge nell’articolo – che trasforma la spazzatura in oro a 24 carati, ma anche in platino, rodio e argento.” Il legame tra la cosiddetta “lingotto-mania”, la messa in sicurezza dei risparmi in Svizzera sotto forma di oro greggio, e la storica azienda chimica aretina è ben presto spiegata, grazie ai dati Istat: per il terzo mese consecutivo, a dicembre 2011, le esportazioni italiane in Svizzera sono cresciute ancora, del 26,1%. A contribuire notevolmente, è l’export di lingotti, che già ad ottobre 2011 segnava una crescita vertiginosa del 170,4%. Ma il dato più interessante è che, sempre secondo l’Istat, il 90% dell’oro esportato dall’Italia verso l’Europa e il 51% di quello che arriva in Svizzera, passa proprio da Arezzo. A giocare il ruolo chiave in questa catena è proprio l’azienda guidata dal 73nne Sergio Squarcialupi, che in barba alla brutta storia di inquinamento per cui è ancora sotto processo, ogni anno può vantare la trasformazione in oro di 12500 tonnellate di spazzatura: scarti dentali, elettronici, computer e telefonini, marmitte catalitiche, fanghi e rifiuti della petrolchimica e della farmaceutica e scarti orafi arrivano persino dall’Asia per diventare lingotti. Il fruttuoso riciclo, combinato alla corsa dei risparmi in Svizzera, ha dato i suoi frutti alle casse della Chimet: 1,4 miliardi di fatturato nel 2011. Il boom, stando ai fatturati pubblicati dalla stessa azienda, si è registrato tra il 2009 e il 2010, con un balzo in avanti del 91,33% in soli 12 mesi. Oggi, con 150 dipendenti dichiarati , di cui 25 laureati e 60 periti, la Chimet sembra non sentire il vento della crisi.Servizio di Beatrice Bertozzi. Notiziario del 6 marzo 2012.