Cultura & Società

Riportare le opere d’arte dai musei alle chiese, Betori: “Proposta merita attenzione ma ogni caso va valutato singolarmente”

A margine di una confenza stampa, il direttore degli Uffizi Eike Schmidt ha dichiarato: “Credo che il momento sia giunto: i musei statali compiano un atto di coraggio e restituiscano dipinti alle chiese per i quali furono originariamente creati”. Sarebbe questo, ha aggiunto, “Il modo più concreto per ripristinare il principio del “museo diffuso”, secondo la felice espressione di Antonio Paolucci”.

Secondo l’arcivescovo di Firenze, “Non si tratta soltanto di riannodare un’opera d’arte al suo contesto originario. Le trasformazioni del territorio rischierebbero di farla apparire estranea”. 

Per Betori, la ricollocazione di un’opera nella sua sede originaria dovrebbe rispondere a tre criteri precisi: “Il primo riguarda la collocazione dell’opera in rapporto alle modifiche architettoniche che una chiesa potrebbe aver subito nel tempo. Qualora l’ambiente ecclesiale abbia subito forti modifiche (penso alle molte ridefinizioni delle nostre chiese medievali in epoca post-tridentina, o il rifacimento di molte chiese di paese agli inizi del novecento), sarebbe necessario valutare se lo spazio rimodellato potrebbe offrire spazi adatti allalettura e alla fruizione dell’opera”.

Il secondo criterio, secondo il cardinale, “riguarda le garanzie di tutela e sicurezza che potrebbero essere assicurate all’opera. Questo non è certo che possa avvenire ovunque, in specie in chiese che si trovano in piccoli borghi o addirittura isolate, mentre è più facile per le basiliche o per le chiese conventuali”.

Il terzo criterio, afferma ancora l’arcivescovo di Firenze, “è ovviamente quello che mi sta più a cuore e cioè che l’opera d’arte ritrovi il contesto religioso per cui è nata, un legame cioè non soltanto con un territorio, ma con una comunità di fede, che la riconosca come un riferimento della preghiera e della devozione. Ci sono comunità che ancora oggi rivendicano un’immagine che fu loro sottratta ma che era parte della loro storia devozionale, e altre invece che hanno dimenticato tale legame così che andrebbe verificato se sia possibile ricrearlo. Naturalmente mi piacerebbe e sarebbe bello se, con il rispetto di queste tre condizioni, le opere potessero ritornare nelle chiese, negli oratori, nei conventi. La loro lettura sarebbe più comprensibile per tutti e l’opera d’arte non solo costituirebbe un fattore culturale di crescita del territorio, ma tonerebbe ad essere ciò per cui è nata, un’espressione della fede”.