Toscana
Ripartire da giovani e nuove forme di lavoro per uscire dalla crisi
«Prendendo lo spunto dalla Settimana sociale di Reggio Calabria, accogliendo l’invito che ne deriva, abbiamo pensato di tradurre in ‘toscano’ il suo messaggio». Lo ha spiegato monsignor Giovanni Santucci, vescovo delegato della Conferenza episcopale toscana per i problemi sociali e il lavoro, aprendo oggi a Pistoia i lavori della seconda giornata della Settimana sociale dei cattolici toscani. «Ci siamo chiesti – ha aggiunto Santucci – se non era possibile rileggere per noi le indicazioni, i suggerimenti emersi a Reggio Calabria, che costituivano un agenda di speranza per il Paese». Attingendo al patrimonio di una «terra privilegiata dove è bello vivere» e a «quell’umanesimo toscano che ci forma ad una sorta di armonia, ci siamo chiesti – ha proseguito il vescovo – se tutto questo non poteva diventare risorsa, progetta di vita. Occorre tuttavia che come cristiani sappiamo tradurre il Vangelo in gesti e pensieri concreti. Occorre che accanto ai criteri di giustizia distributiva formuliamo criteri di giustizia solidale che vadano ad integrare i criteri in uso. Questo è il compito che come cristiani abbiamo di costruire una società che metta la persona al centro delle attenzioni e delle preoccupazioni di tutti, a cominciare da chi ha responsabilità di governo».
E una delle prime preoccupazioni non può che essere il lavoro, anzi: «Lavoro e impresa – ha detto l’economista Luigino Bruni nella relazione introduttiva ai gruppi di studio – sono un’emergenza perché quando un Paese non dà più lavoro ai giovani significa che è finito un mondo e non è pronto un altro. Una società che lascia i giovani fuori dal mondo del lavoro è una società stolta, ma è stolto anche non considerare più i vecchi un bene pubblico. Oggi esistono gli esodati della cura, ovvero la prima generazione di coloro che hanno speso la vita da giovani per accudire vecchi e bambini e ora si trovano da soli: hanno dato cura e non ne ricevono abbastanza».
Sul fronte strettamente economico Bruni ha definito «il profitto molto meglio della rendita: se un popolo smette di produrre profitti e vive sulla rendita va verso il declino. In Italia si tassa al 43% il lavoro e al 20 la rendita finanziaria». Rivolgendosi al mondo cattolico, Bruni ha invitato a favorire la conoscenza dei temi economici: servirebbero scuole popolari di economia e finanza nelle parrocchie, ma anche «luoghi di gioco buono di fronte all’invasione di giochi sbagliati e cattivi, che rovinano le famiglie, come slot machines e scommesse». Sul piano dell’inclusione, il docente di economia politica, ha sottolineato la contraddizione tra il «far diventare italiano un calciatore argentino strapagato e negarlo a un bambino cinese che parla toscano».
Una forte denuncia delle disfunzioni generate da una crisi economico-finanziaria, ma anche culturale e di valori, è arrivata dai gruppi di studio dove la riflessione però non si è limitata all’elenco dei mali ma ha puntato a sviluppare un movimento che operando concretamente metta in luce l’urgenza di un nuovo umanesimo. Per questo nelle proposte di azione da parte dei cattolici toscani domina l’appello ad attuare il principio della sussidiarietà nei rapporti tra pubblico e privato, a ripensare il sistema degli incentivi, della fiscalità e del lavoro, a separare normativamente le attività bancarie speculative da quelle creditizie. Si ribadisce il principio della libertà educativa, si sollecita la rigenerazione condivisa del tessuto civile morale, politico e istituzionale.
«C’è bisogno di comunità – ha detto Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia politica, nel ‘rileggere’ il lavoro dei gruppi-. L’individualismo ha rotto il modello di comunità in cui abbiamo finora vissuto. Adesso, non potendo tornare al modello di prima, dobbiamo inventarci una nuova forma di comunità».
A proposito della crisi dell’economia globale, Baggio ha proposto di tornare a investire sul territorio: «Le banche dovrebbero proporre ai risparmiatori forme di investimento a chilometro zero in cui i soldi dei risparmi di un territorio vanno a sostenere le imprese e le aziende che producono lavoro. Si deve creare un modello economico nuovo: un’economia civile, al servizio del bene. L’Italia di oggi è simile a quella uscita dalla seconda guerra mondiale: ci sono alcuni mondi che stanno morendo, ci sono macerie su cui dobbiamo ricostruire. Anche la politica è in crisi perché non risolve più i problemi, ma non bisogna temerla: oggi c’è bisogno di una nuova classe dirigente che deve nascere dal basso, dal sociale dove ci sono molte competenze da valorizzare. I cattolici non possono più delegare la politica a un partito, come avveniva in passato: occorre costruire culture politiche nuove».
Un elemento chiave della crisi, secondo Baggio, è la mancanza di liquidità che costringe i Comuni a cambiare l’organizzazione dello stato sociale: «Il welfare attuale era stato pensato in una fase di economia in crescita. Oggi la situazione spinge istituzioni, associazioni, volontariato, no profit a lavorare insieme».
Domani la presentazione del documento finale da parte di padre Antonio Airò, delegato regionale per i problemi sociali e il lavoro, le conclusioni del cardinale Giuseppe Betori e la Messa nella cattedrale di Pistoia.
La sintesi della prima giornata di lavori
La relazione introduttiva di Adriano Fabris
La galleria delle immagini