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RIMSHA MASIH: BHATTI (PAKISTAN), «UN PASSO VERSO LA CONVIVENZA TRA LE COMUNITÀ»
(Sarajevo, dagli inviati Sir Europa) – «Un caso che ha cambiato il pensiero islamico, un positivo passo verso la convivenza tra le diverse comunità religiose presenti nel Paese». Sono parole di sollievo e di speranza per il futuro quelle che Paul Bhatti, consigliere per le minoranze del primo ministro del Pakistan, pronuncia raccontando ai giornalisti il caso di Rimsha Masih, la bambina di 12 anni, con ritardo mentale che in Pakistan è stata incarcerata con l’accusa di blasfemia ed è stata rilasciata nei giorni scorsi su cauzione. «La cosa che dà incoraggiamento – ha detto Bhatti, parlando ai giornalisti a Sarajevo dove partecipa all’incontro internazionale per la pace – è che la maggior parte degli ulema e degli imam mi hanno comunicato direttamente la loro volontà di agire perché cambi l’abuso della legge e sono determinati ad agire affinché non avvengano più episodi di questo genere che fanno vittime innocenti colpite a nome dell’Islam. È motivo d’incoraggiamento che avvenga questo. È la prima volta nella storia del Pakistan». «La bambina – racconta Bhatti – è traumatizzata. Quando sono andato a prenderla dalla polizia, vedendo tutti i soldati attorno a lei per proteggerla, non capiva di essere stata liberata. Continuava a dire, ho sbagliato, ho sbagliato’, pur essendo innocente».
«Adesso – dice Bhatti – voglio che vengano fuori tutte le verità di questo caso in modo che la società pakistana e le persone di buona volontà capiscano che questa legge può essere usata in maniera scorretta per scopi personali». Riguardo infine all’interessamento a questi casi da parte della comunità internazionale, Bhatti afferma: «Penso che possa essere un bene e un male. Bene, perché viviamo in un villaggio globale per cui, di fronte a un caso d’ingiustizia, l’interessamento della comunità internazionale è benvenuto ma vorremmo anche che l’interesse non sia esclusivamente finalizzato a questi episodi ma considerare anche azioni a lungo termine perché questi episodi non avvengano più». A conferma delle parole di Bhatti, anche quelle del Gran Imam della moschea di Lahore in Pakistan, Muhammad Abdul Khabir Azad. «Spero con il cuore e prego Allah – dice da Sarajevo dove è ospite della Comunità di Sant’Egidio – che sia fatta giustizia e che i veri colpevoli siano perseguiti. Tutti gli studiosi religiosi del Pakistan e gli esperti di Islam si sono seduti attorno a un tavolo e hanno deliberato che sono contro chi ha accusato Rimsha e sono per una soluzione positiva di questo caso». (Sir)