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RIFUGIATI: SANTA SEDE, «PIÙ PROTEZIONE PER I RIFUGIATI DEL DARFUR. DISARMARE GLI AGGRESSORI»

“La situazione dei rifugiati in Africa resta una cicatrice per tutta la famiglia umana. Le precarie condizioni di vita in cui sono costretti milioni di persone strappate dai loro villaggi e dalle loro terre richiede concrete e rapide decisioni per alleviare queste sofferenze e proteggere i loro diritti. La comunità internazionale non può tardare a dare queste risposte. Un ulteriore ritardo significherebbe un ambiguo concetto di solidarietà ai danni di coloro che sono emarginati e senza voce”. E’ il monito di mons. Fortunatus Nwachukwu, consigliere della Missione permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e delle Istituzioni Specializzate lanciato durante la 32a Riunione del Comitato permanente del Comitato esecutivo dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) che si è tenuta a Ginevra, dall’8 all’11 marzo. Nel suo intervento, reso noto dalla Sala Stampa vaticana oggi, mons. Nwachukwu ha ricordato che “negli ultimi anni qualche segno positivo si era visto grazie anche alle organizzazioni di volontariato e a quelle che si occupano di rifugiati, ma tutto il processo si era poi arrestato a causa dell’insufficienza di fondi e dalla recrudescenza della violenza e di malattie tra la popolazione del Darfur dove la situazione umanitaria è critica”.

Il rappresentante della Santa Sede ha infatti denunciato “attacchi sistematici alla popolazione civile e la distruzione di infrastrutture e di interi villaggi. Gli attacchi sono brutali e violenti e la violazione dei diritti umani è giornaliera”. Una situazione resa ancor più drammatica dalla mancanza di mezzi: “Gli addetti al monitoraggio dell’Unione militare africana sono insufficienti, mancano i mezzi logistici e le autorità sudanesi non sembrano in grado di proteggere i diritti del loro popolo”.

“La Santa Sede – ha concluso mons. Nwachukwu – incoraggia la realizzazione di un chiaro sistema di responsabilità verso le persone rifugiate che richiede maggiore risorse umane e finanziarie e soprattutto una politica che agisca e intervenga per disarmare gli aggressori. Per questo chiede lo stop al commercio di armi nel conflitto e l’accertamento di eventuali responsabilità per crimini di guerra e contro l’umanità”.Sir