Opinioni & Commenti
Riforma Fornero, come cambia il mondo del lavoro
di Omar Ottonelli
La discussa riforma del mercato del lavoro targata Fornero è divenuta finalmente legge, al termine di un iter parlamentare conclusosi con la votazione, alla Camera, delle quattro parti (art. 18, contratti, ammortizzatori sociali e politiche per l’impiego) di cui si compone il disegno di legge che la contiene.
Frutto di un compresso sofferto (e solo in parte realizzato) tra governo, partiti e parti sociali, il documento esce largamente ridimensionato e corretto rispetto alle bozze circolate in precedenza, ma nonostante questo esso promette interessanti novità, a partire dall’introduzione di limiti per fronteggiare il diffuso fenomeno che permette di camuffare i rapporti di lavoro subordinato attraverso l’impiego di collaboratori a Partita IVA.
Buone notizie anche per i lavoratori parasubordinati e per i Co.co.pro in particolare: dovrà esser loro garantito un salario minimo stabilito per legge e avranno anch’essi diritto ad un’indennità di disoccupazione, mentre i contratti a termine di almeno un anno dovranno essere espressamente motivati dal datore di lavoro (è il c.d. «causalone») e, dopo tre anni di lavoro a termine, scatterà l’obbligo di assunzione. Stretta per i contratti di apprendistato, almeno per le imprese con più di 10 dipendenti: non si potranno assumere più di due apprendisti ogni tre lavoratori qualificati (il rapporto era finora 1 a 1).
Sul fronte della flessibilità in uscita (licenziamenti), l’art. 18 esce sostanzialmente integro dalla riforma: rispetto a prima, e solo per le imprese con più di 15 dipendenti, qualora il giudice ritenga illegittimi i licenziamenti disciplinari o per motivi economici, lo stesso giudice potrà adesso liberare il datore di lavoro dall’obbligo di reintegro, condannandolo al pagamento di un adeguato indennizzo.
Una piccola rivoluzione interesserà gli ammortizzatori sociali. Permangono la cassa integrazione ordinaria e straordinaria, ma l’assicurazione per l’impiego (ASPI) manderà il pensione tutte le altre forme di sussidi, su tutti l’assegno di mobilità e l’indennità di disoccupazione. Rispetto alle soluzioni precedenti, l’ASPI offrirà un sussidio unico ad una più vasta platea di lavoratori: varrà infatti per tutti i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, con almeno due anni di anzianità contributiva e un anno di versamenti nell’ultimo biennio.
Completano il provvedimento il congedo di paternità per i neo-padri (tre giorni di assenza senza decurtazione dello stipendio) e nuovi strumenti per contrastare la pratica delle dimissioni in bianco.
In cambio della fiducia posta sul disegno di legge, tuttavia, il governo promette ulteriori modifiche, richieste sia dal Pd (rinvio di un anno dell’ASPI, più facile accesso ai benefit per i precari che perdono il lavoro e revisione dei contributi di partite Iva e stagionali) che dal Pdl (vincoli meno stringenti sul «causalone» per i contratti a termine, meno costi per le imprese che assumano le partite Iva e detassazione dei premi di produttività). Ancora parzialmente risolta, infine, la questione degli esodati.